AGOSTINO MARCHETTI

In un opaco pomeriggio autunnale girovagando per la mia Rimini, ho voluto incontrare un uomo solitario e schivo che sa raccontare con le sue grandi mani i sogni più reconditi, le ansie esistenziali e le ancestrali paure del suo essere :
Agostino, un artista rinchiuso nel suo mondo che da anni è alla continua ricerca di comunicare con gli altri, attraverso le sue opere scultoree, che nascono dalla sua affannosa e continua esplorazione dell’anima stessa della materia, quella materia informe che egli soggioga ai suoi voleri per motivarne la sua velata epistola.
Egli si apre al racconto, e allora quel bimbo curioso e timido che in lui dimora, perde la sua ritrosia verbale e inizia a dialogare in un crescendo di allusioni e metafore a lui care… nei suoi occhi scuri già s’intravvedono i bagliori del fare, del manipolare, del togliere fino ad avere quella superficie levigata e opalescente. Le sue sculture che prima si agitavano incontrollate sotto i martellanti colpi di scalpello, lasciano dolcemente che quel tormento si plachi , precipitando in una pace assoluta, una immobile e pacata quiete racchiusa e conclusa in ogni oscuro atomo di quella brulicante sostanza matura, che diviene un tutt’uno con lui stesso, e che ora sa trovare nel corpo e nell’anima non più tormentato, la sua agognata pace . Quelle sculture immerse nella loro statica attesa del divenire si stagliano preziose contro altre figure ora limpide e trasparenti come acqua di fonte, ora turbate dal richiamo di quella luce che le accende di bagliori improvvisi in quel supremo alito vitale. Saluto il nostro operoso artista, che ora riprende la sua lenta e calibrata opera creativa, nella penombra silenziosa del suo studio, al crepitare di quel fuoco che gli brucia incessantemente dentro.