CALCIO A 5 RIMINI. NON SI GIOCA SOLO CON I PIEDI BISOGNA USARE LA TESTA

 CALCIO A 5 RIMINI. NON SI GIOCA SOLO CON I PIEDI BISOGNA USARE LA TESTA

Tutti conosciamo il calcio, lo abbiamo visto in televisione fin da bambini. Alcuni di noi, guardando quegli 11 ragazzi rincorrere un pallone si sono appassionati tanto da portarla in campo. Chi non ha mai sognato di fare il calciatore almeno per un momento nella sua vita? Quanto nervoso dietro a quel rigore sbagliato, quanta frustrazione per quel fallo ingiustamente non fischiato dall’arbitro, ma la soddisfazione di quella vittoria ai supplementari? Minuto per minuto un’emozione diversa.

Solo i veri tifosi possono capire a pieno. Tutti conosciamo il calcio visto in televisione, quello che non conosciamo è la realtà del Futsal, non da confondere con il “calcetto”. Il calcio a 5 Nasce in Uruguay e in Brasile, molti si ispirano a loro per migliorare la tecnica e la tattica. Alcune differenze tra il calcio e il Futsal, oltre ovviamente al numero dei giocatori e alla grandezza del campo e delle porte sono queste:

Nel Futsal si giocano 40 minuti effettivi in due tempi; si gioca rigorosamente al chiuso; c’è meno tempo d’azione e quindi bisogna agire più velocemente; non c’è il fuorigioco e tanto altro ma se siete curiosi vi lascio a qualcuno che sicuramente ne sa più di me e di quello che posso trovare su wikipedia. Piuttosto, se vi sta venendo almeno un po’ di curiosità, vi lascio con i pilastri dell’Associazione di Calcio a Cinque Rimini: Il Presidente Giorgio Mulazzani, fondatore della società ed ex giocatore di pallamano; Daniel Carta, allenatore dell’Under 19 e dei Pulcini del “Garden” nonché ex capitano della prima squadra affiancato dal preparatore atletico Lorenzo Conti; Max Spada, allenatore della categoria Under 17, con l’associazione da molti anni, ha allenato in serie B e nel Campionato Interno Sammarinese. Davide Timpani, capitano della prima squadra e punto di riferimento del Rimini Calcio a Cinque. Iniziamo sentendo qualche dichiarazione del Presidente Mulazzani in merito alle sue squadre e alla sua società:

COM’È NATA L’IDEA DI FORMARE L’ASSOCIAZIONE?

<<Sono un ex giocatore di pallamano e quando ancora non c’era il Flaminio, con la mia squadra ci allenavamo qui nell’antistadio. L’inverno giocavamo a “calcetto”, come si chiamava all’epoca, per scaldarci e poi l’estate partecipavamo a dei tornei che si organizzavano qui, vincendo a mani basse. È nato da lì l’amore per il calcio a 5. Furono alcuni miei compagni nel 1986, ormai 33 anni fa, a propormi di fondare l’associazione. Jomsa, allora sponsor e presidente della squadra femminile di pallamano, ci ha dato una grossa mano mettendoci a disposizione una palestra in determinati orari, permettendoci di fare gli allenamenti e giocare le partite. Abbiamo iniziato grazie a loro e abbiamo continuato a collaborarci nel corso degli anni. Da qui è iniziata la nostra avventura.>>

COSA PENSA DEL CAMBIO DI ALLENATORE DELLA PRIMA SQUADRA?

<<I giocatori ne hanno risentito. Con Germondari, due stagioni fa, per tutta la prima parte del campionato ci siamo classificati con un buon punteggio. Per un pelo non siamo passati in Serie B; abbiamo vinto i play off regionali ma siamo stati eliminati da quelli Nazionali dalla squadra di Mantova, per un solo goal. Penso di lui che sia un bravissimo allenatore, molto amato dai ragazzi. Sfortunatamente ha dovuto smettere per problemi di lavoro. Con il suo sostituto Capriotti non si era creato un “feeling”, di conseguenza i risultati non sono stati dei migliori. Ora ad allenare c’è Gasperoni, il vice capitano. Ha un’esperienza enorme come giocatore; ha giocato nella Nazionale San Marino, ha fatto le qualificazioni negli Europei, lo hanno chiamato più volte per esperienze all’estero, si è classificato nei preliminari Champions League, ecc… Come allenatore è la sua prima esperienza ma confido molto in lui.>>

QUALI OBIETTIVI AVETE?

<<Per noi è già un successo mantenere la categoria. Per tutta la prima parte del campionato ci siamo classificati con un buon punteggio. Ora non stiamo dando il meglio ma sono sicuro che ne usciremo in positivo. Ogni anno ci tocca ripartire da 0 poiché spesso dei nostri giocatori salgono di categoria o smettono di giocare per motivi personali: per esempio quest’anno due ragazzi ci hanno lasciato perché sono saliti in serie A. È un motivo di vanto per noi, nonostante ne risenta la squadra.>>

CI PARLI DEL SETTORE GIOVANILE

<<Abbiamo tre squadre giovanili: Under 19, Under 17 e i “Pulcini” che partono dal 2009. Con loro quest’anno abbiamo fatto la scelta di giocare a Futsal, pur sapendo che avremo molte meno partite. Investo molto sui ragazzi delle categorie Under 19 e 17 e ho deciso di concentrarmi su di loro, poiché sono i giocatori che entreranno nella prima squadra. Ci teniamo molto a giocare e ad allenarci al chiuso, il nostro obiettivo principale è quello di ottenere più ore nelle palestre. Quest’anno, oserei dire finalmente, l’ufficio sport e il Comune ce le hanno concesse, grazie anche alla costruzione della Casa del Volley; ora che hanno uno spazio apposito, ci hanno concesso di prendere il loro “posto”.>>

SECONDO LEI QUALI SONO LE CARATTERISTICHE CHE DOVREBBE AVERE UN BUON ALLENATORE?

<<Innanzi tutto devono essere professionali, essere aggiornati e preparati. È fondamentale far capire il senso degli allenamenti agli allievi, insegnandogli come farle diventare azioni sul campo. È giusto che i ragazzi arrivino con la giusta preparazione, con allenamenti spesso anche tosti. È fondamentale che non si transiga su atteggiamenti negativi. Da parte nostra, se un giocatore ha comportamenti scorretti in campo, o peggio, manca di rispetto ad un arbitro, lo lasciamo a casa almeno due giornate. Una bella tradizione che portiamo avanti è il saluto ad inizio e a fine gare tra i giocatori, lo consiglierei a tutte le squadre, è un segno di sportività.>>

CHE PROGETTI HA PER LE GIOVANILI?

<<Quello che vorrei ottenere più di ogni cosa sono dei campi nostri su cui giocare. Come detto in precedenza, noi ci teniamo che i ragazzi giochino al chiuso. Per il momento ci appoggiamo alle palestre di varie scuole, nella speranza di poter ottenere uno spazio tutto nostro. Un’iniziativa che promuoviamo veramente molto è il progetto “Samba”, per permettere ai ragazzi affetti da disagio intellettivo (autismo, ritardo mentale, down…) di passare un paio di giornate con noi, all’insegna del divertimento. Andiamo due giorni all’anno per farli allenare e per coinvolgerli nel nostro mondo. A Natale gli facciamo anche dei regali alla fine della giornata per lasciargli un ricordo di noi. Un altro progetto che mi sta a cuore è promuovere il Futsall nelle scuole superiori e medie. Giusto pochi giorni fa mi ha contattato il Preside dell’istituto “Serpieri”, per chiedermi di tornare a fare qualche lezione, poiché abbiamo riscosso molto successo tra i loro studenti, negli anni precedenti. I ragazzi guardano il calcio in tv e cascano dalle nuvole quando hanno la possibilità diretta di provare questa realtà del Futsal e sentono che si possono raggiungere livelli alti come la Uefa, i campionati giovanili, mondiali, ecc… Spesso viene associato al calcetto che fanno i 40enni il venerdì sera, tornando a casa distrutti. Questo è totalmente sbagliato! Vi assicuro che è veramente appassionante, c’è più azione rispetto al calcio a 11 e con i dovuti riscaldamenti il rischio di infortunio è minimo. >>

Abbiamo fatto qualche domanda anche agli allenatori e al capitano della prima squadra. Partiamo dai “grandi”: Davide Timpani.

COME TI SEI RITROVATO CAPITANO?

<<Sono stato capitano in Juniores, in under 21 e adesso in prima squadra, quindi posso dire con orgoglio di essere sempre stato capitano in tutte le categorie in cui ho giocato. È un ruolo particolare. Spesso viene attribuito al giocatore più forte ma non è così; per esserlo devi dare l’esempio dentro e fuori dal campo, devi mostrare la passione, tenere unito il gruppo, cercare di risolvere eventuali problemi creatisi all’interno, fare da tramite tra la società e la squadra, ecc. Per farla breve è un ruolo che va conferito a chi ha doti da leader. Spesso risulta impegnativo poiché il capitano deve metterci la faccia sia quando si vince ma soprattutto quando si perde. Mi ha reso veramente orgoglioso che i vari allenatori avuti abbiano visto in me queste doti. Dopo 10 anni nel Rimini sono andato a giocare nel Futsal Cesena. È stata una scelta ponderata e un po’ sofferta ma sentivo l’esigenza di rimettermi in gioco in una categoria più alta. In quel periodo Daniel Carta mi ha sostituito due anni come capitano, finché non ha smesso di giocare.>>

QUESTA STAGIONE È PARTITA BENE MA STATE SUBENDO MOLTE PERDITE. SECONDO TE COME MAI?

<<Sono momenti purtroppo. Siamo partiti bene fino a metà Novembre, successivamente un po’ forse per il cambio di allenatore, un po’ per una sorta di pessimismo creatosi dopo qualche sconfitta, stiamo attraversando un momento difficile. Sicuramente una vittoria ci aiuterebbe a riacquistare un po’ di fiducia e a tornare a lavorare in maniera serena. Quest’anno abbiamo avuto anche tanti giocatori fuori, tanti infortunati e non è facile. Durante gli allenamenti ci impegniamo molto e sono sicuro che risolveremo anche i problemi in campo.>>

Passiamo ora ai settori giovanili con gli allenatori Daniel Carta e Max Spada.

COSA PENSATE DELL’AFFERMAZIONE: “UN ALLENATORE DEVE ESSERE SOPRATTUTTO UN EDUCATORE”?

CARTA: <<Innanzitutto il lavoro di un allenatore consiste nel formare l’allievo a 360 gradi, sia sotto l’aspetto fisico che comportamentale. È importante che il ragazzo impari a focalizzarsi sul rispetto delle regole, dei compagni, degli avversarmi e dello staff. È molto importante premere molto sulla puntualità in campo, che sia un allenamento o una partita. È fondamentale puntare sulla crescita dei ragazzi, fargli capire cosa vuol dire serietà professionale, cosicché di conseguenza possano crescere come gruppo e in futuro passare nella prima squadra, con le giuste qualità tecniche, caratteriali e morali. L’esperienza da capitano mi ha portato ad acquisire esperienze personali in più come allenatore: dovevo essere un punto di riferimento, un leader e questi atteggiamenti li adotto anche con i miei ragazzi.>>

SPADA: <<Sono pienamente d’accordo. Quest’anno abbiamo riscontrato delle difficoltà ad inizio stagione con i tesseramenti e per mancanza di giocatori siamo partiti svantaggiati. Per fortuna adesso abbiamo un bel gruppo su cui lavorare e sono sicuro che faremo un buon girone di ritorno. Per ottenere il massimo da loro secondo me bisogna spiegargli le cose al meglio e ascoltarli il più possibile e cercare di mettere in pratica tramite esercizi quello che loro non riescono a fare. essendo che per alcuni giocano è il primo anno in questa realtà è mia premura stargli dietro per facendogli capire i movimenti del calcio a 5. Secondo me spesso imparano molto di più guardando.>>

Cosa ci resta di questa piccola grande storia di sport vista attraverso gli occhi di chi la vive ogni giorno con passione?

Abbiamo scoperto che il “calcetto” è uno sport per i ragazzi di tutte le età che hanno voglia di mettersi in gioco, di raggiungere nuovi obiettivi e di crescere come giocatori e come uomini all’interno di un gruppo. Non è un semplice gioco di squadra, è una vera e proprio famiglia.

Ci sono tante piccole realtà sportive che vengono ignorate perché non hanno il seguito mediatico di altri sport più blasonati ma sono comunque, come nel caso del Calcio a Cinque Rimini, meritevoli di interesse per la dedizione e l’impegno che i loro promotori dedicano al progetto includendo diversi giovani e diverse famiglie. Sosteniamo questo sport! Andiamo al palazzetto a sostenere i colori della nostra città: il bianco e il rosso! Ce n’è bisogno per mantenere in vita sport come questo!

Maria Rosaria Spina

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