CON GLI OCCHI VEDERE, CIÒ CHE DI FRONTE AGLI OCCHI STA

“Niente è più difficile da vedere con i propri occhi di quello che si ha sotto il naso.” Goethe
Succede spesso di ritrovarsi in posti in cui difficilmente saresti incappato, chiedendoti il motivo per il quale tu sia finito proprio lì. E mi sono resa conto che se lasci mente e cuore aperti a ogni piccola vibrazione e soffio di vento impercettibile, la risposta non tarderà ad arrivare.
E’ così che partecipando ad una conferenza, nel bel mezzo di un discorso, sentii nominare una certa persona, per una certa cosa che aveva detto, riguardo un certo dipinto, in un certo luogo di culto qui a Rimini.
Non capendo altro, una volta a casa, mi misi a cercare su google frammenti di quello che ero riuscita a percepire e, passo dopo passo, incappai nel nome di Riccardo Magnani, i cui studi si focalizzano principalmente sull’opera di Leonardo da Vinci e sul Rinascimento in generale.
In questo caso specifico, la mia attenzione viene attirata su quanto Magnani afferma circa un dipinto di Piero Della Francesca che ritrae Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a San Sigismondo, datato 1451 e conservato nel Tempio Malatestiano di Rimini.
Sono andata a vedere il dipinto personalmente e nulla prima d’ora mi è mai sembrato così chiaro ed evidente.
In sintesi, Riccardo afferma che dietro a S.P.M. e S.S. vi sia sotto forma di macchia (così riconosciuta da critici d’arte) la rappresentazione fedele delle antiche Americhe.
Sorge spontanea anche a voi la domanda dopo aver osservato il quadro?
No? Vi aiuto con gli avvenimenti.
Piero Della Francesca dipinse il quadro nel 1451. L’America è stata scoperta nel 1492.
E’ arrivata forte e chiara la domanda adesso?!
Mi sono armata di Facebook e facilmente sono riuscita a raggiungere il contatto di Riccardo, con cui ho poi avuto una piacevole conversazione via Skype.
(mai mi fu più cara la tecnologia come in questa ricerca)
Chi sei?
Mi sono laureato alla Bocconi in Finanza Aziendale agli inizi degli anni ’90 e il mio obiettivo era quello di portare un po’ di cultura aziendale in un tessuto industriale molto attivo ma poco organizzato come quello dell’alta Brianza, Lombardia. Ad un certo punto, per una serie di motivazioni legate all’italico vizio di arrangiarsi alla bella e meglio, ho incominciato a dirottare le mie attenzioni professionali su tutt’altro, fino ad arrivare incidentalmente a studiare Leonardo Da Vinci. L’essere neofita della materia e del periodo storico in cui Leonardo è vissuto, mi ha permesso di affrontare la materia in modo completamente libero da influenze prettamente ortodosse, grazie anche al fatto che non sono un accademico, motivo questo per il quale, forse, non mi hanno ancora permesso di fare verifiche sul quadro in questione.
Incalzato sul punto, Riccardo mi spiega che purtroppo la città di Rimini ha avuto una totale chiusura sulle sue tesi inerenti il dipinto, che avrebbero dato lustro alla città in un anno decisamente importante, in quanto tra il 2017 e il 2018 decorrono i 600 anni dalla morte di P.S.M. Pur capendone i motivi alla base di una tale chiusura, di matrice sia culturale, sia religiosa e/omonetaria, non giustifica la verbale aggressione subita per aver esposto le sue idee, che volevano solo essere benefiche per la città di Rimini, fino a subire la chiusura della sua pagina Facebook per una settimana.
Tornando al dipinto di Piero Della Francesca, qual è la chiave di lettura che usi per interpretare quello che ti si pone davanti?
Mi baso semplicemente su quello che vedo. L’arte, soprattutto quella del primo Rinascimento, e la realtà, ci raccontano un fatto in modo oggettivo. Quello che io cerco in tutti i modi è di non farmi condizionare dal contesto culturale di riferimento, causa di quella deformazione che poi matura in noi sin da piccolini e che condiziona il significato assunto delle cose non in base a ciò che realmente sono, ma in base “a chi l’ha detto” (deformazione cattolica), oppure “a dove sta scritto” (deformazione appartenente al mondo antico ebraico).Gli antichi greci, con più onestà intellettuale, chiedevano solo la dimostrazione della veridicità di quanto detto, e se una cosa era comprovabile, allora era vera. Con l’avvento delle religioni monoteiste, e oggi ancor più, la conoscenza è diventato un fatto di CONVENIENZA più che di OPPORTUNITA’ di crescita, individuale o collettiva. Questo ha portato l’uomo a vivere di virtualità, secondo schemi consuetudinari imposti da chi influenza le singole comunità culturali ed economiche, senza più saper discernere il vero dall’artefatto, ma soprattutto avendo perso il controllo del proprio destino.
Rimango ad ascoltare, senza riuscire a dire niente se penso a quante volte ho dato per vera una cosa per il semplice fatto che mi era stata inculcata da bambina. E quanto ancora lotto per non lasciarmi condizionare. Ma mi faccio forza e formulo un’altra domanda.
Cosa sappiamo noi di questo quadro, e cosa sai tu che fino ad ora noi non abbiamo voluto vedere?
La verità storica che ci insegnano a scuola è che il 12 Ottobre 1492 l’America è stata scoperta da Colombo.Coincidenza strana, Piero Della Francesca autore del dipinto in questione, in quella data muore. Altra verità storica, nel 1451 Cristoforo Colombo nasce, o per meglio dire, viene fatto nascere. Altra coincidenza strana, Piero Della Francesca, lo stesso anno, lascia un suo dipinto, apparentemente agli occhi di tutti non inerente all’avvenimento, nel Tempio Malatestiano di Rimini. Si vede infatti Sigismondo Pandolfo Malatesta inginocchiato davanti a San Sigismondo (o forse Sigismondo d’Ungheria), che lo nomina cavaliere. Eppure, come era abitudine a quel tempo come sorta di carta d’identità, vi sono numerose rappresentazioni che indicano che quello che noi definiamo San Sigismondo o meglio Sigismondo d’Ungheria, non è altro che Gemisto Pletone. Gemisto Pletone è il vero referente culturale del mondo bizantino, legato al culto solare pagano tanto da professare pubblicamente che la sua adozione avrebbe risolto tutte le questioni di carattere religioso causa di infiniteguerre. Nel solco di Gemisto Pletone, Leonardo nasce e cresce, in una sorta di passaggio di testimone ufficioso celebrato in diversi dipinti dell’epoca; evidentemente anche Pandolfo Sigismondo Malatesta ne fu affascinato, tanto da riportare in patria le sue spoglie di ritorno da Mistrà e tumularle in un sarcofago posto lungo la parete destra all’esterno del Tempio Malatestiano. Se ci soffermassimo, e ci fidiamo in realtà, su quello che i nostri occhi vedono, comprenderemmo che dietro a questi due personaggi vi è distintamente raffigurata una porzione importante delle Americhe, notando inoltre che il festone messo, così a caso, sulla cartina corrisponde esattamente al 44esimo parallelo dell’emisfero nord, che a sua volta corrisponde in modo preciso al parallelo di Rimini. A testimonianza del fatto che all’epoca si era già ampiamente a conoscenza di emisferi e paralleli, ovvero che la terra fosse sferica, nella coppella presente nel Tempio Malatestiano relativa al segno zodiacale del cancro, noteremo delle navi le cui vele sono a forma di mappamondo. Appare evidente, a questo punto, che i riferimenti geografici contenuti nel Tempio Malatestiano si sommino in maniera sostanziale al già evidente dipinto di Piero della Francesca, segno che la scoperta delle Americhe era già cosa fatta. I Malatesta, in questo, devono comunque aver avuto un ruolo importante, in quanto la Rosa Malatestiana, che adorna in infinite fogge il Tempio stesso, non è altro che una fedele riproduzione della Ludwigia Octovalvis, un fiore originariodiunafasciageograficache,sempreper coincidenza, si sovrappone a quella rappresentata alle spalle del dipinto di Piero della Francesca. Ho detto “i Malatesta”, perché la Ludwigia ci riporta a Pandolfo III, padre di Pandolfo Sigismondo, che muore nel 1427, e che usava la stessa rosa malatestiana sulle monete coniate dalla zecca locale. Insomma il materiale è davvero tanto (forse ora ci scriverò un libro come mi è stato richiesto in città).
Riccardo mi suggerisce una citazione di Eraclito: “Ciò che è opposto si concilia, dalle cose in contrasto nasce l’armonia più bella, e tutto si genera”.
Vorrei essere più colta, aver studiato di più la storia, la geografia, ma poi mi dico che solo l’innocenza dei bambini permette loro di vedere e capire realmente le cose come stanno.
E credetemi, se passate davanti al Duomo, entrate e capirete e VEDRETE che ciò che qui è stato scritto corrisponde a realtà. Non verità. Che ho sempre ritenuto una bugia.
La verità per me non lo è per te, non esiste nessun concetto che possa essere vero.
Mi rimane come un’eco nella testa la stessa domanda: perché ci hanno voluto far studiare cose non vere?
Riccardo ci lascia così: “Io non voglio imporre nulla, ma voglio dare elementi di dubbio e approfondimenti.
E se la Gioconda in realtà non fosse Mona Lisa, ma Leonardo stesso? In realtà è molto altro ancora, ma questo magari un giorno vengo a raccontarvelo di persona a Rimini”.