Del silenzio e di altre cose belle. Bentornato Teatro Galli

Da un po’ di tempo il silenzio mi chiama, lo fa attraverso cose diverse: libri, film, luoghi, persone. Arriva da tutte le direzioni. Arriva nella sala di un piccolo cinema, si infila tra le poltrone, si siede accanto a me. Arriva nel vagone di un treno, arriva in un respiro, o mentre cammino tra le vie del centro, in un lunedì pomeriggio addormentato che assomiglia a una domenica estiva. Silenzi preziosi.
È giovedì sera e Piazza Cavour esplode di gente. Salgo i pochi scalini che mi portano davanti al teatro Galli e preparo il biglietto. Il silenzio del teatro Galli è un silenzio di bellezza, che esplode una volta superato l’ingresso.
Senza sapere cosa aspettarmi entro spostando piano la solenne tenda color vermiglio. Il cuore fa un saltino, sono nella pancia del teatro, cerco di essere discreta. Alzo la testa e vedo il soffitto lassù, altissimo.
Attorno è tutto rosso, oro e bianco. Alle mie spalle la seria tenda si richiude, è l’invito ad avanzare.
Silenzio carico di aspettative, il teatro Galli è stato chiuso per settantacinque anni. Sono ancora con il naso all’insù quando sento una voce alle mie spalle che dice gentile «È un capolavoro» e io non potrei essere più d’accordo. La voce continua, che sia la tenda? «Il progetto del Teatro Nuovo, come si chiamava inizialmente, venne dato a Luigi Poletti nel maggio del 1841, ma l’inaugurazione fu nel 1857. Venne inaugurato da Giuseppe Verdi, e vedi lassù? Lì c’era il teatro figlio che poi fu demolito, era un palcoscenico tra i piani delle scale».
La voce prosegue calma spiegando che tra il 1916 e il 1923 venne chiuso per colpa dei danni fatti dal terremoto, come successe al vecchio Fulgor, ma che si riprese quasi subito e che nel 1923 fu riaperto. «Un bel colpo glielo diede il bombardamento del ‘43, quando un attacco distrusse il tetto della sala. Poi successe come per il Fulgor, i militari lo occuparono e dopo la loro partenza i riminesi stessi cominciarono a saccheggiarlo lasciandolo spoglio e pieno di violenza». Ed eccoli i settantacinque anni di silenzio, un silenzio di sofferenza. Silenzio ferito.
Da quel momento il Galli rimase chiuso e i primi restauri arrivarono solo nel 1975. Un po’ alla volta, grazie a diversi finanziamenti, il teatro ricominciò a prendere forma, fino ad arrivare al 28 marzo 2015 e all’inaugurazione del nuovo Foyer. Quando per la prima volta, qualche anno fa, lessi sui cartelloni la presunta data di termine dei lavori pensai “uuuh quanto tempo!”, e invece eccoci qui, ci sono dentro. 27.333 giorni, 898 mesi, 75 anni sono trascorsi da quando il silenzio è calato tra le mura del teatro. Un silenzio triste, pieno di polvere e pesante di guerra. Silenzio indolenzito.
Nel frattempo mi sono seduta. Il mio posto è vicino al palco e a una bella signora che come me, è qui sola. Si chiama Emma, è originaria di Perugia, Rimini è casa sua da sessant’anni «Forse di più. Ho perso il conto», mi dice sorridendo con gli occhi. È emozionata, aveva avuto paura di non vederlo il Galli.
Alla fine dello spettacolo usciamo insieme «Arrivederci Gloria, ci vediamo al prossimo spettacolo, grazie per la compagnia». Grazie a lei per gli occhi, signora Emma. Mi incammino verso la macchina. Ho addosso un silenzio profondo ma che mi tiene a galla, è il silenzio delle cose belle quando stanno per cominciare. È un silenzio da augurare.
Ho bisogno di sentimenti
Di parole, di parole scelte sapientemente,
di fiori, detti pensieri,
di rose, dette presenze,
di sogni, che abitino gli alberi,
di canzoni che faccian danzar le statue,
di stelle che mormorino all’orecchio degli amanti… Ho bisogno di poesia,
questa magia che brucia le pesantezza delle parole, che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.
Abbiamo bisogno di bellezza, di poesia e di silenzio che sia musica: grazie per essere tornato, teatro Galli. Chiudo le porte alle critiche e lascio entrare solo le cose belle. Se potete, andate a salutarlo.