DIDASCALIE

Guendalina: Adelina, se cammino ancora finirà che mi verranno i piedi piatti!
Adelina: Guendalina, noi siamo nate con i piedi piatti!
-Dal cartone: Gli Aristogatti-
I piedi mi hanno sempre affascinato, come le mani, come gli occhi..
Credo siano le parti più esposte della nostra anima. Se si osservano bene, non c’è nulla che non possa essere letto.
I piedi di una donna sono un libro aperto.
Avere l’alluce valgo vuol dire aver portato scarpe eleganti con tacchi alti per ondulare nel passo e ammaliare l’uomo.
Avere lo smalto sulle piccole unghie di quelle dita, vuol dire non rinunciare ad esprimersi nonostante per la maggior parte del tempo sia una parte che rimane nascosta.
Portare quei calli con disinvoltura, vuol dire aver lavorato, aver percorso chilometri, aver lottato contro una vita
un po’ in salita.
I piedi toccano il suolo, sono la nostra estremità in contatto con la terra, lontano dal cuore o dal cervello, affinché possano correre se sentono di doverlo fare. O fermarsi, se sentono che è il tempo di farlo.
La terra comunica con noi attraverso di loro, per questo credo, mi è sempre piaciuto camminare scalza.
Non hanno la stessa visuale degli occhi, percepiscono il mondo attraverso i loro sensori, e molto spesso sono loro a guidarci. Sanno riconoscere un posto sicuro, ci portano lontano dai pericoli che gli occhi non vedono.
Non fa differenza per loro la forma del nostro corpo, hanno il compito di percorrere quella strada nel modo migliore possibile.
Nei piedi di una donna, come in quelli di un uomo, troviamo in miniatura l’intero nostro corpo, comprese le parti interne.
Dovremmo averne cura, dovremmo parlarci, dovremmo capire che in loro c’è molto di più di un accessorio.
-In Barca al largo di Rimini-