ECCO TUTTI I SEGRETI DI LEGOMAN. L’ARTISTA CHE FA CANTARE I LEGO

Alessandro Sintini, in arte Sintoh, è un artista nato nel 1987 sotto il segno del Toro. Fin da piccolo aveva le idee chiare su quello che avrebbe voluto fare: il cantante. Il problema consisteva nel trovare un modo originale per attirare l’attenzione. Detto fatto, si è inventato un video veramente originale. Consiste in un simpatico sketch realizzato con i Lego. È nata la storia di Arthura, personaggio che ha incuriosito tante persone grazie a quegli omini di plastica.
COME È INIZIATO TUTTO?
<<Fin da piccolo amavo le canzoni. All’asilo cantavo con un microfono: mia cugina si divertiva a registrarmi e a me piaceva tantissimo riascoltarmi. In quel periodo penso di aver capito che volevo fare il cantante. A scrivere ho iniziato alle elementari, con parodie di testi già esistenti, come facevano i Gem Boy. Alle medie, all’età di 11 anni, ho continuato a scrivere con alcuni amici, per me era un gioco. Raccontavamo le nostre giornate in chiave umori- stica, a mo’ di caricatura. Ho iniziato a suonare subito la chitarra elettrica, grazie al mio periodo punk, nella fase “ribelle”. Dopodiché, a 18 anni, ho formato una band con altri amici. Era tutto più strano prima che arrivassero i social>>.
PERCHÉ’? E COSA TI HA SPINTO A CONTI- NUARE DA SOLO?
<<Io ho sempre saputo che volevo fare questo, con la band o da solo. Mi sono spostato nel cantautorato, ricollegandomi alla mia infanzia che conteneva Luca Car- boni, Max Pezzali e Cesare Cremonini. Li considero la mia triade. Erano graditi anche ai miei genitori, quindi li sentivo in casa attraverso i loro dischi e, dall’asilo, anche senza capire, inconsciamente li avevo dentro. È il caso di “Mare mare” dello stesso Carboni. Della mia adolescenza invece fanno parte i Blink 182 e i Green Day, in più i Beatles sempre in maniera costante: volendo o no, alla fine li ritrovi ovunque, in una colonna sonora come in uno spot pubblicitario. Persino se studi musica, loro ci sono. Ho continuato a lavorare da solo, a studiare e muovermi, finché ho scritto vari pezzi, tirando fuori alla fine un paio di canzoni: prima “Social”, poi “Sapendo che”, realizzando un videoclip con i Lego>>.
COME TI È VENUTA IN MENTE L’IDEA DI USARE I LEGO NEL TUO VIDEOCLIP?
<<Sinceramente non lo so. Ero lì una sera, so che dovevo fare uscire quel pezzo e volevo costruirci il videoclip. Avevo la storia dentro la storia che mi premeva raccontare, infatti, se ci si fa caso, il testo con il video non c’entra nulla. È stato bello il modo in cui hanno reagito le persone e questo mi ha fatto capire determinate cose>>.
CHE COSA HAI CAPITO?
<<Tempo fa stavo leggendo un libro sull’analisi dei testi dei Beatles: loro hanno sempre lavorato sul testo; non tanto sul significato ma sulla parola in funzione del suono, che è un concetto completamente diverso da quello dei cantautori italiani. Ringo Starr ha dichiarato che era sorpreso del modo in cui i fan e la stampa avessero ricollegato le sue parole a significati profondi, più profondi di quanto lui stesso si rendesse conto. Questa concezione del suono e delle parole probabilmente ce l’ha Jovanotti più di tutti, in Italia. Per esempio in “Mi fido di te” parla di rane con il frac: pensi quasi che fosse stato ubriaco mentre lo scriveva; invece ha avuto successo proprio perché è una ricerca in funzione di questo metodo: suono, parole ed emotività. Questa esperienza l’ho ritrovata nel mio piccolo. Persone più grandi di me hanno ricollegato il testo al periodo in cui hanno frequentato le superiori e i Lego all’infanzia. Il video quindi ha reso più forte l’emozione nostalgica del brano>>.
LA STORIA RACCONTATA PER MEZZO DEI LEGO COM’È NATA?
<<È una storia di tutti i giorni; di persone che non sono a fuoco con se stesse, che non sanno bene che cosa vogliono e non hanno la capacità di stare da sole. Sbobba dice sempre ad Arthura cosa fare; a un certo punto lei sbrocca e si prende la sua libertà. È una storia che nasce da situazioni comuni. Alla fine del video c’è comunque il beneficio del dubbio. In molti commenti ci sono domande sul finale cui non ho saputo rispondere. Ognuno la vede in modo diverso e sinceramente ho i miei dubbi anche io. Il bello di questa storia? È aperta a ogni libera interpretazione. Quando invece ho scritto il brano ero un po’ nostalgico, ripensavo al periodo passato a Bologna, alla band, a quando abbiamo ricevuto i premi, agli amici. Si tratta di quei pensieri che vengono quando la notte ti ritrovi con te stesso e ti capita di ripensare a momenti passati. Mescolare queste due realtà insieme è stato un esperimento che mi è piaciuto>>.
HAI PROGETTI PER IL FUTURO? UN SOGNO NEL CASSETTO?
<<Il sogno nel cassetto lo sto realizzando giorno per giorno, come i progetti futuri: canzoni nuove, uscite, concerti. Alla fine si tratta di andare avanti fino ad arrivare all’obiettivo. Do per scontato che qualunque artista punti a realizzare un album, quindi si punta al contratto discografico; dopo vai a fare i concerti, ti esibisci prima nei palazzetti, poi negli stadi. Quando arrivi al pienone a San Siro, ti chiedi cosa farai dopo. Un passo alla volta, spero tanto di riuscirci anch’io!>>.