GIOVANNI VENERUCCI IL PATRIOTA RIMINESE MORTO PER L’UNITÀ D’ ITALIA

 GIOVANNI VENERUCCI IL PATRIOTA RIMINESE MORTO PER L’UNITÀ D’ ITALIA

Nasce a Rimini il 2 Novembre 1808 (registrato al n.674 del registro dello sta- to civile napoleonico).

Operaio fabbro ferraio, da giovanissimo partecipò ai moti del 1831. Combattè a Perugia. Carbonaro, nel 1837 si trova a Trieste da cui salpa per l’isola di Corfù, allora protettorato inglese, dove si affilia alla “Giovane Italia”. Successivamente partecipa allo sfortunato tentativo dei fratelli Attilio ed Emilio Bandiera di fomentare una insurrezione poplare contro i Borboni a Cosenza (intenzione definita una pazzia da Giuseppe Mazzini) che termina con la fucilazione di nove persone.

Per meglio comprendere l’evoluzione ed il riepilogo dell’evento appena citato, occorre seguire la storia della spedizione, sia pure sommariamente.

I fratelli Bandiera, Ufficiali della Marina Militare austriaca nonchè figli di un ammiraglio della medesima forza armata, si erano rifugiati a Corfù quali disertori, con un gruppo di amici, dopo avere aderito alle idee mazziniane. Qui fondano la società segreta Esperia. Decisa l’effettuazione della spedizione, il 16 Giugno 1844 sbarcano alla foce del Neto, presso Crotone, con 17 patrioti (tra cui appunto il nostro Giovanni), il carbonaro corso Pietro Boccheciampe ed il brigante calabrese Giuseppe Meluso che deve fare loro da guida, considerata l’ottima conoscenza del territorio. Le autorità borboniche, informate del loro arrivo da Pietro Boccheciampe, intercettano il gruppetto dei patrioti e lo affrontano in uno scontro a fuoco.
– Restano uccisi: il forlivese Giuseppe Miller ed il pesarese Francesco Tesei;
– sono catturati: Attilio ed Emilio Bandiera, Giovanni Venerucci, il veneziano Domenico Moro, Francesco Berti di Bagnacavallo, il lunigiano Anacarsi Nardi, il lughese Giacomo Rocca, il frusinate Nicola Ricciotti ed il perugino Domenico Lupatelli;
– riescono a fuggire per costituirsi successivamente: il milanese Paolo Mariani, i bolognesi Tommaso Mazzoli e Giuseppe Pacchioni, il pesarese Giuseppe Tesei, il lughese Pietro Piazzoli, gli anconetani Luigi Nanni e Carlo Osmani ed il veneziano Giovanni Vanessi;
– il brigante Giuseppe Meluso riesce a far perdere le sue tracce;
– il Boccheciampe, imprigionato, subisce una condanna a cinque anni di galera, ma ne esce dopo due.

I prigionieri, giudicati per direttissima da una corte marziale, sono tutti condannati a morte. Per coloro che si sono costituiti, la pena capitale è commutata in ergastolo. La fucilazione avvenne il 25 Luglio 1844.

Il 18 Marzo 1937 la salma di Giovanni Venerucci torna a Rimini e traslata nel cimitero comunale ove tuttora si trova. In piazza Cavour, una lapide ricorda il patriota concittadino. Il 17 Marzo 2016 nella giornata nazionale dell’unità, è stato scoperto un busto di Giovanni Venerucci nella via a lui dedicata nel centro storico, rione Montecavallo.

Ugo Mariani

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