Dal Vaso di Pandora all’Infinity Box. Due chiacchiere con il Dr. Giulio Gallo

Giulio, da Barcellona a New York passando per Miami e l’Africa fino ad arrivare nella nostra amata riviera.
La mia vita professionale mi ha concesso il lusso di viaggiare per molti anni, posso dire in quattro continenti. Mi sono occupato di diversi ambiti: turismo, cooperazione allo sviluppo, guida safari nei parchi nazionali africani, direttore d’albergo, musicista, istruttore subacqueo, analista di intelligence militari ecc.. Ma con l’avanzare dell’età ho sentito il bisogno intimo di una nuova realtà personale che unisse vita privata e professionale, in una località che mi offrisse un’ottima qualità della vita, serenità, mare “obbligatorio”, energia ma soprattutto armonia. Ecco perché ho scelto la Riviera, per me una sintesi di tutto questo.
Il tuo percorso formativo è piuttosto interessante. Filosofo, storico delle religioni, scienziato per la pace, internazionalista politico. Ma nella vita hai scelto di fare il gallerista per la nota Casa d’Arte San Lorenzo. Sono collegate in qualche modo queste realtà?
Aver viaggiato così tanto è stato straordinario, ma da un lato mi ha tenuto fuori dall’Italia per vent’anni, “impedendomi” di realizzare un sogno che non ho potuto portare a termine da “giovane”. Lo studio. Per questo appena ne ho avuto la possibilità ho iniziato il mio percorso accademico; la prima laurea in storia e antropologia dell’Islam relativa alla gestione dei flussi migratori, da sempre mia grande passione è stata una fantastica emozione, non ne nascondo certo le lacrime, dopo di che il percorso di laurea magistrale in Scienze per la pace mi ha messo a confronto con un campo di studi estremamente multidisciplinare in un ambito oggi assolutamente fondamentale. Sono stato il primo dottore magistrale in Italia in Scienze per la pace cooperazione allo sviluppo e trasformazione dei conflitti, con una tesi sul cyber terrorismo jihadista secretata per sicurezza militare, con 110 e lode, una splendida soddisfazione. La successiva laurea in filosofia, a indirizzo islamico, con una tesi fra la relazione tra la filosofia islamica e l’addestramento dell’esercito dei bambini dello Stato Islamico ha completato la mia competenza in antropologia unendo la forza del pensiero ad un campo di studi piuttosto ”criticato” ma assolutamente fondamentale per lo sviluppo del pensiero occidentale del dopo medioevo, mentre l’ultima laurea magistrale in Scienze politiche e Studi internazionali ha completato un ciclo di analisi sulla radicalizzazione islamica in Italia e la figura del figlio di Osama bin Laden che mi ha messo in contatto con diversi apparati di Polizia come consulente. Tuttavia, dentro di me, l’arte è sempre stata una tematica molto intima, ne sono appassionato da sempre, e per questo in ogni corso di laurea ho inserito degli esami ulteriori relativi alla critica dell’arte e l’estetica; dal momento che lavorando con la Casa d’Arte San Lorenzo di San Miniato da molti anni, con la quale ho aperto una galleria in piazzale Ceccarini a Riccione, sentivo la necessità di crearmi un’ulteriore competenza specifica per offrire ai nostri collezionisti un servizio sempre più professionale. Anche perché l’arte, da sempre accompagna la nostra vita, e lo farà per sempre, permettendoci di conoscere un passato che altrimenti non avremmo mai potuto fare nostro.
A novembre scorso hai debuttato a teatro con lo spettacolo H[you]MAN il pensiero umano da Platone alle fake news, con la Regia di Joseph Nenci, che ha avuto un grande successo di pubblico e di critica. Come è stato affrontare il palcoscenico?
H(you)Man, performance teatrale con la straordinaria regia di Joseph Nenci è stata veramente un’esperienza splendida; avevo avuto già modo di lavorare in teatro e frequentare gli ambienti di Broadway, Barcellona, Miami, ma l’intimità di una cripta come lo storico teatro Malatesta di Montefiore Conca, con un contatto così ravvicinato con una platea che, devo dire, nonostante l’orario notturno e l’argomento non molto semplice da seguire estremamente attenta e in rigoroso silenzio è stata un’ulterioreemozione da aggiungere alla mia carriera professionale e umana. Un progetto che Joseph ha saputo esaltare con grande maestria unendo ancora una volta arte, poesia, filosofia, video arte, storia e improvvisazione che non vedo l’ora di ripetere.
Con lo spettacolo H[you]MAN hai avvicinato la filosofia al grande pubblico?
Diciamo che la filosofia ha sempre avuto un’aurea di esclusività, un logos complesso, concetti estremamente complicati, a volte incomprensibili. Ed io ritengo invece che il vero filosofo Socratico non solo sia chi sa di non sapere, ma soprattutto dovrebbe essere una sorta di rapsode che semina il germe della curiosità, della voglia di conoscere, e anche trasmettere una dimensione assiologica, etica e morale che oggi più che mai è importante recuperare. E spero vivamente che si possa proseguire con questo progetto perché più si conosce e più si capisce quanto non si conosce. E come disse Aristotele ”tutti gli uomini per natura tendono al sapere”, quindi perché non farlo?
Ti occupi anche di scrittura. In cosa consiste il progetto “The Infinity Box”?
Il “Box”, come lo chiamo io è un progetto che ho voluto realizzare proprio per dare una dimensione scritta a tutta la mia vita, sono 8 libri che per me racchiudono un significato molto intimo, la definisco una lettura emozionale, perché tranne uno sono tutte storie di fantasia, ma in ogni riga, in ogni soffio c’è una parte di me che ho vissuto, che spesso ho sofferto, o pianto, oppure che mi ha creato una gioia indimenticabile. Si parla di arte in “Era il tempo degli impressionisti”, entrando nel cuore dei pittori parigini di metà ‘800, seduti di notte con gli stivali nell’acqua della rive gauche della Senna, circondati di donne e colori, vittorie esconfitte. Ci si sposta fra la prima guerra del Golfo del’91, con “Ho venduto un computer a Bill Gates”, che dalla città di Colombo ho vissuto personalmente tramite gli occhi di una spregiudicatissima corrispondente italiana della CNN che con incursioni fra il Vietnam, l’aristocrazia di Washington e la CIA ci farà capire quanto sia facile la scalata del proprio ascensore sociale ma quanto più facile ancora sia cadere. Il più emozionante penso sia “La stella analfabeta”, la storia di un bambino cresciuto nelle campagne napoletane negli anni ’60 fra una cascina, un porcile e una Fiat 126, la sua unica oasi di fuga da un padre padrone con unica protezione una madre che avrebbe voluto fare di più, e come uniche amiche le migliaia di stelle osservate di nascosto di notte, per anni, che lo porteranno a diventare un oracolo nella città più superstiziosa d’Italia, a conoscere un amore impossibile e a capire quanto la vita possa essere legata a un filo di vento.
E tanti altri, “Quello che c’è oltre la vita” porterà il lettore in una dimensione onirica medievale nelle campagne inglesi dove il rapporto straordinario fra un padre e la sua bambina, un angelo misterioso e una spada quasi Harpe Falcada faranno capire non cosa c’è dopo la vita, ma oltre.
“L’uomo da week end”, una coppia in crisi nella New York contemporanea, dove le lettere d’amore sono fatte per essere scritte, lui le sapeva scrivere ma lei non le sapeva più leggere. La migliore spia della Germania nazista, in “Lei”, una donna addestrata dalla Gestapo a compiere imprese eccezionali, un attentato al Dalai Lama, a monitorare l’assassinio di Kennedy, a contrastare l’Ira irlandese, diventando leggenda.
“Sette potenti” vede 7 famiglie italiane vittime di violenza da parte di bande armate nelle proprie case, purtroppo anche se scritto anni fa tematica estremamente attuale, che non trovando riscontro nella giustizia ufficiale deciderà di farsela da sé, tranne poi capire che forse, in fin dei conti, non è giusto.
Mentre “I miei Masai”, l’unico non di fantasia, è un resoconto assolutamente drammatico e veritiero, scritto di getto, senza correzioni, revisione, completamente emozionale della mia esperienza di vita in una tribù Masai nei miei molti anni trascorsi in Africa. Ma quello che più volevo rendere nei miei libri è la totale immersione in una caverna fantastica, una catabasi platonica, con una chiave di lettura che ho voluto intraprendere attraverso gli occhi di una donna, protagonista sempre presente in ogni mia creazione.
Ricordo un aneddoto che ancora oggi mi fa sorridere. Ero in casa, di sera, sulla mia poltrona alla stesura di Ho venduto un computer a Bill Gates, e un mio caro amico, Gianmario, mi telefonò per sapere come stessi. E io, in tutta risposta, gli dissi: “ora non posso parlare, sono su un elicottero della CIA che sto attraversando lo Sri Lanka perché c’è stato un attentato forse delle tigri Tamil, ti richiamo dopo…”
La confezione che diventa essa stessa un’opera d’arte. Ogni cofanetto è unico ed irripetibile. Quanto lavoro richiede la preparazione di ogni Infinity Box? E dove è possibile acquistarlo?
Si, ogni cofanetto è realizzato a mano da me, in legno, cuoio, velluto, ora sta uscendo la collezione arte e cinema, con le immagini più iconiche delle due arti trasferite sul box. Richiede molto tempo realizzarli, e chiaramente essendo fatti a mano non saranno mai perfettamente “perfetti”, ma il fascino è proprio quello, ognuno è un pezzo unico, con la mia impronta digitale in ceralacca, la possibilità di realizzarli su richiesta. Qualcuno a volte mi chiede”ma si può comprare un libro singolo?”, “ e se poi non mi piace?”. Purtroppo no, nascono insieme e devono vivere insieme, sempre, protetti in un angolo del mio cuore e della vostra casa. Devo dire che prima di metterli in vendita anni fa li ho fatti testare da una specie di giuria, amici ma con una grande cultura bibliografica, una sorta di prova del nove Cartesiana. Test totalmente superato, e le vendite a quel punto sono andate molto bene. Lo si può acquistare solo sulla rete, sulla pagina Facebook theinfinitybox.eu, o sulla mia, ma la maggior parte delle persone lo ha acquistato tramite un fantastico passaparola da parte di chi lo aveva comprato da me, con mia straordinaria soddisfazione. Non ho dei margini di guadagno molto alti, le spese di stampa incidono per quasi il settanta per cento del prezzo, il materiale e chiaramente il tempo di realizzazione. Diciamo che con 120 euro oggi si compra una buona bottiglia di vino al ristorante, per la durata di circa un’ora. Il mio box dura tutta la vita, e come dico sempre, è il miglior regalo da fare e da ricevere.
Visto il periodo, impossibile non chiederti un parere su questa emergenza che stiamo vivendo. Che futuro deve aspettarsi il mondo dell’arte a tuo avviso?
Sul virus non vorrei esprimere pareri specifici, ce ne sono già troppi, quello che posso dire è che le scienze per la pace sono una disciplina accademica e scientifica che può aiutare molto nel superare questo evento che io non ho mai definito guerra, ma conflitto. Una guerra è completamente un altro paradigma sociale, mentre quello che sta succedendo è una totale trasformazione della nostra realtà, che necessita di un approccio molto lucido, coerente, ma soprattutto senza paura. Le guerre, da sempre, hanno avuto un motivo, politico, economico, religioso, con due o più nemici schierati, un inizio preciso, una catena di comando militare, o papale, o reale. Questa volta no, esiste un solo nemico, subdolo, ma che non ha né ragione di esistere né paura di morire, un martire biologico, quindi affrontare il Covid19 come una guerra è totalmente anacronistico. E giusto o sbagliato, nel bene o nel male le economie di guerra hanno sempre portato grandi benefici economici, mentre qui è completamente opposta la dinamica finanziaria. Dovremo affrontare un lungo tempo di rinascita, senza sapere esattamente come comportarci, ma come ho detto quello che dobbiamo fare è trasformare un conflitto come questo in opportunità, senza falsa retorica come chi dice che da ora in poi bisognerà cambiare il mondo, perché il mondo non cambierà mai, però si potrà tentare di migliorarlo, cercando di comprendere che davanti alla morte siamo tutti uguali. Dovrà essere prevista per me una strategia concreta nella gestione delle migliaia di miliardi spesi dai governi mondiali in armi trasformandoli in progetti legati allo sviluppo internazionale, ricordando che progresso non significa sviluppo. Una volta capito che il mondo ormai è totalmente interconnesso, non solo via web ma con una estrema facilità di spostamento umano, un’immensa disparità fra il sud e il nord del mondo, che nascere qui o là non è una scelta, e che soprattutto fra vent’anni ci sarà un miliardo di persone in più in aree geografiche completamente depresse che porterà un inevitabile esodo biblico che quello visto finora non sarà niente si renderà necessario un intervento strutturale mondiale. E che se non ci prepariamo in tempo a questo poi sarà troppo tardi. Perché un’emergenza nasce proprio dalla sorpresa, questa sarà una realtà assolutamente annunciata. Il Covid19 fra due, tre, quattro anni sarà passato, spero vivamente, e il mondo
riprenderà la sua strada, come dopo le Crociate, le guerre di religione del 1.600, i regimi totalitari del’900, l’undici settembre, la crisi del 2008. Il mondo non si ferma ed è utopia pensarlo, siamo noi che dobbiamo fermarci un momento, riflettere e capire che chi ha un figlio piccolo oggi non si illuda che quando sarà adulto sarà immune non dal virus, ma dalle conseguenze che scelte sbagliate oggi saranno irreversibili fra vent’anni.
Noi non dobbiamo avere paura della morte. E’ un grande errore. Avere paura di un qualcosa di inevitabile è sbagliato. E’ un pensiero figlio della metafisica giudaico cristiana che sta alle radici dell’Europa contemporanea. Dobbiamo invece avere interesse nella vita quotidiana, cercando di vivere l’hic et nunc, il qui e ora. Perché è nella Kantiana quotidianità morale ed etica che si vive. Il dopo si vedrà, chi crede è giusto che lo faccia, e chi no ha lo stesso diritto. E come disse Epicuro, “perché avere paura della morte? Quando ci siamo noi non c’è lei, e quando c’è lei non ci siamo noi”.
Mentre credo che l’arte non avrà conseguenze. Non parlo del mercato dell’arte, ci sarà sempre chi vorrà collezionare opere d’arte, ma parlo proprio del concetto in sè. Sarà sempre la teleologia e l’espressione di artisti che vedono nelle loro creazioni un libero contatto fra la loro anima e il mondo esterno. Sarà sempre ciò che ci accompagnerà nei nostri momenti più intimi, più personali, ognuno di noi ha bisogno di una fuga temporanea dalla realtà quotidiana, e l’arte è proprio questo.
Anche se non sono mai stato d’accordo con la frase che la bellezza salverà il mondo. In primis perché la bellezza è un ente effimero, intangibile, estremamente personale. E poi perché mondo significa anche Yemen, dove esiste una strage di bambini nella totale indifferenza mondiale, significa Siria, dove da 9 anni è in corso una guerra civile che ha causato oltre 600.000 morti. Significa campi profughi dove milioni di bambini non hanno accesso a cure, istruzione, senza futuro se non quello di crescere nell’indifferenza del primo mondo. Significa 3.000 bambini morti al giorno di malaria. Significa donne uccise e violentate a migliaia nel paese di Dante e Leonardo. Questo è il mondo, o almeno anche. E non vedo come la bellezza possa salvare tutto questo. Solo l’uomo può, ma non sembra essere molto interessato a farlo.
Domanda conclusiva di rito: prossimi progetti?
Progetti.. tornare a uscire con il mio cane sulla spiaggia, ritrovare la mia fidanzata Cristina, la donna che dà un senso totale alla mia vita, rivedere il mio pronipotino Edoardo nato un anno fa, incontrare nuovamente gli amici. Studiare, sto proseguendo il mio percorso accademico filosofico di studi, e poi, non lo nego, proseguire nella divulgazione della filosofia come stile di vita, magari realizzando altri eventi pubblici e teatrali con Joseph, o creare un festival itinerante che porti Omericamente in Emilia Romagna e perché no in tutta Italia proprio la disciplina più affascinante dello scibile umano. Ma soprattutto guardare avanti, perché indietro non si torna. Ricordando che ognuno di noi, consapevole oppure no, o è platonico o è aristotelico. E mi piacerebbe aiutare chi lo desidera a comprendere da che parte sta.
Ma l’ultima domanda me la concedo io: se poteste scegliere fra incontrare un alieno o un fantasma cosa preferireste?