I PROFESSIONISTI. Le avvocatesse rispondono sulla tutela

 I PROFESSIONISTI. Le avvocatesse rispondono sulla tutela

“Salve Dottoresse,
Quello che vorrei sottoporvi è caso un po’ particolare e non riguarda me personalmente nè tantomeno qualcuno della mia famiglia. Mi ha colpito la storia di una signora che abita nel mio quartiere. Questa signora è una professoressa in pensione che vive da sola. Avendola conosciuta ed avendola trovata “bisognosa” di compagnia ho approfondito la sua conoscenza. Pare che la donna sia sopravvissuta ad una valanga che ha colpito Il suo alloggio in montagna rimanendo ferita e ricoverata in ospedale. In seguito all’incidente, probabilmente in mancanza di un famigliare a cui essere affidata, è stata assegnata ad un tutore (un avvocato) che ne gestisce i conti bancari e la pensione. In sostanza alla donna vengono rilasciati € 300 al mese che le bastano a malapena per fare la spesa. Inoltre le è consentito uscire solo in presenza di un accompagnatore rigorosamente assegnato dal tutore senza quindi la possibilità di sceglierselo da sola. Questa persona, e l’ho constatato senza difficoltà anche se non sono un medico, pare totalmente in grado di intendere e di volere e quindi in tremenda sofferenza non si capacita, e a questo punto nemmeno io, del fatto di non poter usufruire del suo patrimonio in libertà né di potersi scegliere l’accompagnatore. Possiamo aiutarla in qualche modo? Se si, come?”
Rosa.

“Salve Sig.ra Rosa,
la tutela applicata alla signora, qualora siano venute meno le ragioni che l’avevano inizialmente giustificata e richiesta, può essere revocata e/o modificata in qualsiasi momento, anche su istanza della stessa beneficiaria.
Privare una persona della possibilità di compiere atti che sarebbe ampiamente in grado di porre in essere da sola, infatti, non risponde ad alcun principio sancito dalla legge.
Il nostro ordinamento, diversamente, prevede istituti, come nel caso che ci occupa l’Amministrazione di Sostegno, destinati a fornire un ausilio, un supporto per lo più “operativo” alle persone (anche solo temporaneamente) in difficoltà, affinchè queste ultime possano affrontare la loro quotidianità nel modo più completo e pieno possibile.
Le prescrizioni stabilite per l’esercizio di tali strumenti di tutela non hanno e non devono avere contenuto prevaricatore della libera autodeterminazione del beneficiario; proprio per questo, i compiti assegnati all’AdS vengono modulati sulla scorta delle reali necessità della persona e a sua “misura”.
Detto questo, il miglior aiuto che possiate dare alla signora è suggerirle in primo luogo di confrontarsi con il professionista incaricato di assisterla; non necessariamente un ausilio per affrontare la routine, se diversamente contestualizzato e calibrato, è una “forma di privazione”.
Nel caso in cui non sia possibile alcun confronto, il consiglio migliore è quello di rivolgersi ad un professionista, il quale, analizzando e contestualizzando la situazione della signora saprà sicuramente indicarle la via più corretta da percorrere.”

Avv. Nadìa Toni e Avv. Francesca Angelini

Riminiamo

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