LA FISICA DELLA MUSICA. Quando un bivio non significa dover rinunciare a una strada

Quando anni fa ho avuto il piacere di conoscere Pietro, chitarrista e ora studente universitario, non mi sarei mai immaginato di arrivare a chiedergli un’intervista. Col passare del tempo ho scoperto che nella persona sempre assorta nel suo mondo, vive un uomo dalle idee chiare quanto quelle di un qualunque ventunenne, ma lievemente più luminose. Mi spiego meglio. Sapete quella sensazione che si ha quando, parlando con qualcuno, rimanete colpiti dalle sue parole? Non necessariamente per come parla, ma anche solo per quello che dice. Ecco, Pietro è così e, avendo avuto la fortuna di conoscerlo a fondo, mi sono accorto di ammirarlo per le aspettative che ripone nella vita. Ho pensato che fosse giusto dare voce alle sue parole, se non altro perché le ho trovate molto ispiranti, perciò gli ho chiesto di incontrarci al parco in una fredda ma soleggiata mattina.
Dopo averci intrattenuto con un po’ di musica, ha raccontato come è iniziata la sua “carriera” da musicista. Pietro imbraccia la sua prima chitarra a 8 anni, ma la abbandona in breve tempo. Due anni dopo, nonostante la musica italiana non rientri nei suoi gusti musicali, viene ispirato da Raf (noto cantautore italiano); riprende in mano lo strumento e inizia a dedicarsi all’arte della musica in maniera assidua, facendone la sua principale fonte di soddisfazione. Sotto la supervisione del suo insegnante, il “Dr. Viossy” Michele Vioni, a 17 anni sostiene un importante esame al MMI (Modern Music Institute) superandolo per altro a pieni voti. In questi anni matura anche un’esperienza pratica suonando per un periodo in un gruppo metal, i Suffer in Silence; ormai sembra lanciato in un futuro tutto musicale. Arriva la maturità e con essa la scelta di proseguire gli studi andando all’università; facoltà: fisica, materia che lo affascina profondamente.
Pietro continua comunque a suonare. Dove? Per lo più, e non è una coincidenza, nella stessa stanza dove tiene la scrivania, ricoperta immancabilmente da pile di libri, fogli e appunti che con la musica centrano ben poco. Suona nella stanza dove la chitarra è a un metro di distanza quando lui si concentra sullo studio, così che, quando le mani sono stanche di sfogliare le pagine del tomo di fisica, possono concedersi un momento di svago e viaggiare sulle corde del suo amato strumento.
Dopo avermi spiegato che la musica per lui è lo sfogo per eccellenza e che aveva rinunciato ormai da tempo a farne una professione per non snaturarne la componente di leggerezza che gli trasmette suonare il suo strumento, mi è sorta una domanda spontanea.
È noto che un corso di laurea come fisica richiede che la tua vita diventi un altare sacrificale e il tuo tempo il povero agnellino da immolare in favore dello studio. Per questo ho chiesto a Pietro quali limitazioni abbia dovuto imporre alla musica in seguito a una scelta di questo calibro; ed è qui che mi ha stupito: «All’inizio mi sembrava un po’ come se dovessi scegliere, da una parte la fisica, da una parte la chitarra, però più vado avanti più mi accorgo che, quando studio fisica, il pensare che suono la chitarra mi da la forza per studiare e quando suono la chitarra, il pensare che studio fisica mi da l’energia per suonare. È strano da dirsi, ma anziché essere un bivio, due strade completamente separate la cui una esclude l’altra, è come se in qualche modo si rafforzassero.»
Questo modo così semplice ma non certo poco profondo di spiegare il suo punto di vista, ha piacevolmente acceso la mia mente. In un mondo dove la convenienza e il cinismo governano ormai le azioni di tutti, c’è ancora chi, come Pietro, ama fare qualcosa non per ricavarne necessariamente un guadagno ma solo per soddisfazione personale e, nonostante le difficoltà di portare avanti contemporaneamente più impegni di un certo peso, riesce a trovare una formula non magica ma umana per riuscire a trarne forza e impegno, con l’unico scopo di realizzare i propri sogni seguendo le proprie passioni.
In fondo poi, come lo stesso Pietro ha detto alla fine dell’intervista, l’importante per un uomo è essere felice e niente può aiutarti a raggiungere questo obiettivo come fare ciò che ti piace, lasciando alla porta le implicazioni più pragmatiche che ogni cosa si porta inevitabilmente dietro.
Ci sono persone che vale la pena conoscere, altre che sei contento di incontrare solo per poter esultare quando se ne vanno. Ma le più importanti sono quelle che ti trasmettono qualcosa ogni volta che hai l’occasione di avere un confronto con loro, che sanno farti ragionare e ripensare alle tue idee, mettendoti in gioco. E non si impara qualcosa solo da chi è anziano e saggio, a volte basta una panchina, un buon amico e una scusa per vedersi e cantare insieme sulle note di una chitarra, che in fin dei conti, in fisica, sono solo onde elastiche longitudinali. Niente di troppo complicato insomma.