LA PITTURA PER COMPRENDER SE STESSI INTROSPEZIONE ED IMMAGINE: L’ARTE DI ELVIS SPADONI ALLA RICERCA DI UN’IDENTITÀ

Ognuno di noi più o meno consapevolmente ricerca sé stesso nell’arco della propria vita. Cerca risposte, porti sicuri. Cerca la propria completezza, scoprendo le mille sfaccettature che compongono un’anima e un corpo.
È attraverso la pittura che Elvis Spadoni vuole immergersi nel proprio essere, vuole conoscere se stesso ed il mondo, navigando in uno spazio che va dalla più profonda intimità, ad un’astratta spiritualità.
Arrivato all’età di 27 anni Elvis si trova ad un punto di rottura con se stesso, ad un bivio ormai impossibile da ignorare: mente e corpo. Giunto quasi al termine dell’esperienza del diaconato, capì che la strada intrapresa “con la mente” non sarebbe stata quella corretta e decise di ascoltare in tutto e per tutto il proprio corpo e seguire il suo istinto.
-Accettare me stesso e ciò che sentivo mi ha permesso di non spaccarmi a metà, di lasciare che il mio essere si immergesse e non si allontanasse. –
Accettare se stessi è di fatto il primo passo per conoscersi e quale miglior strumento della pittura per fare una riflessione sulla propria interiorità e su ciò che la circonda?
Perché l’opera di Spadoni non è un semplice focus sull’intimità di un uomo, bensì la ricerca di una completezza che non può prescindere dai rapporti esterni, siano essi personali o spirituali.
– Una volta acquisita questa consapevolezza, mi iscrissi all’Accademia di Belle Arti Urbino, quasi pagando un debito con una parte di me che avevo trascurato fino ad allora. Da quel momento la mia vita fu come un carro trainato da due motori: la pittura e la mia compagna Greta. –
La sua dedizione lo portò a vincere il Premio Nazionale delle arti per la sezione pittura e una borsa di studio a New York. Da allora iniziarono diverse mostre e commissioni, tra cui l’attuale raccolta di opere “Ritratto | Auto- ritratto” esposte al museo San Francesco a San Marino fino all’8 dicembre. Impossibile non soffermarsi sul quadro selezionato per la locandina della mostra. “Ora” è un chiaro ritratto dell’artista intento ad impersonare Gesù di Nazareth con le sue caratteristiche più immediate e note. Già da questa immagine ci troviamo immersi nella necessità di Elvis di ritrarre il proprio corpo con una nudità intesa come liberazione e non semplice fisicità.
– I vestiti rappresentano un’idea che abbiamo di noi stessi, il corpo nudo è la nostra parte interiore, quella che io voglio indagare e rappresentare attraverso un lavoro di introspezione. Il mio incontrarmi “come corpo” mi porta a trovare me stesso e a capire chi sono, anche se questo quadro non scioglie il dubbio, ma rappresenta comunque un passo avanti per comprendermi a pieno. –
Spadoni non dipinge ciò che capisce, bensì capisce mentre dipinge. In questo modo la pittura diventa unduplice strumento di conoscenza di sé e di porta per comunicare con se stessi e con gli altri. La mostra è articolata in quattro sezioni che esplorano diversi aspetti della realtà interna ed esterna all’artista, rimanendo sempre unite da un filo conduttore: la ricerca volta alla comprensione di sè.
Nella prima sezione “IO” vediamo l’incontro diretto con se stesso che inizia da un tradizionale autoritratto, quasi a voler mettere lo spettatore a proprio agio, servendogli ciò che si aspetta. E’ proprio questo principio così classico a dar maggior enfasi e forza al contrasto con “Ragno” dipinto che segue subito dopo. Già le dimensioni del quadro ( 170 x 220 cm ) catturano la nostra attenzione immergendoci nel gioco di luci che avvolge il protagonista ancora una volta esposto nella sua nudità, pronto a spogliarsi di tutto per crescere.
Essenzialità e concentrazione emergono dallo sguardo così come dallo sfondo spoglio per rispecchiare la vocazione alla quale è stato chiamato nel suo percorso di pittore. – A volte è come se mi chiudessi in un bozzolo a tessere, accumulando energia per poi liberarla in un’opera, come un ragno in attesa di catturare una mosca. –
L’autoritratto inteso come individuo singolo, si disgrega in altre opere della sezione nelle quali l’artista gioca sulle sfaccettature che compongono il proprio corpo. E’ il caso di “La farfalla” in cui si sdoppia una figura onirica da quella reale addormentata, fino ad arrivare a “Contemporaneo” in cui Elvis sembra scomporsi in tre figure sovrapponibili. Questa scissione non è tuttavia intesa come un aspetto negativo, bensì come una possibilità di incontro e di sorpresa, ben chiara nella tela “Rendez vous”.
“IO E..” è il titolo della seconda sezione in cui conosciamo diversi aspetti della vita di Spadoni, il quale ci mostra la sua collisione con ciò che lo circonda e contribuisce alla ricerca della propria completezza. Ciò che più ci colpisce è la sottile ironia di questo lavoro, una leggerezza inaspettata che emerge inevitabilmente da “La nuvola”, un’apparente ed ingannevole superficialità che ci conduce ad un messaggio più profondo. – Mi ispiro a concetti di leggerezza pensando alla visione di Baricco e di Calvino. –
Elvis lega infatti questo senso di leggerezza e velata ironia a diversi linguaggi come emerge dalle tele “Fellini” e “Day of the tentacle”. – Fellini è sempre stato una grande fonte di ispirazione per me, un maestro da omaggiare e questo quadro mi ha permesso di creare un incontro con lui, elaborando una scena che nella realtà sarebbe impossibile.-
La terza sezione “IO E IL MITO” è composta da tre opere raffiguranti miti ben noti rivisitati secondo la visione rivoluzionaria dell’artista.
– Mi esprimo ancora una volta attraverso il mio corpo: in questo contesto l’autoritratto è volto a riattualizzare storie paradigmatiche. –
La prima opera che incontriamo è “Narciso” raffigurato ancora una volta con le sembianze dell’artista e posto in quella che ci aspetteremmo essere la classica posa per specchiarsi nell’acqua. Spadoni ci sorprende nuovamente rivolgendo il viso e lo sguardo del personaggio verso lo spettatore esterno.
Il narcisismo del mito è vinto da un desiderio di conoscenza ed esplorazione, da una necessità di comunicazione e legame. La fine tragica viene quindi tramutata in una rinnovata speranza e si getta luce nuova al corpo immerso in uno sfondo bianco. Stesso motivo di sfondo e medesima visione rivoluzionariaed ottimista emergono nei due quadri che completano la sezione: “Achille” e “Ulisse”. Mentre il primo osserva la freccia che contrariamente al mito non gli trafigge il tallone, il secondo è tornato dalla sua amata senza indugiare nel lungo viaggio.
– Per dipingere questi quadri e comunicare questi messaggi, ho dovuto ricercare un equilibrio, un’empatia reale con ciò che saebbe stato trasmesso. L’arte va rispettata, non la si può piegare a proprio piacimento. –
Quarta ed ultima sezione della mostra “IO E IL CRISTO” riunisce più delle altre il filone sacro e quello artistico. Di grande impatto risulta es- sere la tela “Esame di coscienza”: quello che potrebbe apparire come un classico ritratto di famiglia, ci lascia smarriti per l’aspetto grottesco che assume la figura dell’artista al quale sembra sia scoppiata la testa.
– L’esame di coscienza ci porta inevitabilmente a fare i conti con noi stessi e a prendere consape- volezza di fatti ed errori. D’altra parte è solo attraverso il confronto e la relazione con gli altri che capiamo più a fondo chi noi siamo.-
Spadoni continua a lasciare grande spazio di interpretazione allo spettatore, come si evince da “San Paolo” dove la figura sacra immersa nella luce divide la tela con un grande spazio luminoso nel quale ognuno di noi può immaginare qualcosa. L’unione tra arte e sacralità continua a tener presente la comunicazione con chi osserva: anche nel caso di “Biblia pauperum: l’ulima cena” Elvis ricorda la funzione primaria dell’immagine sacra alla sua origine. Lo scopo era infatti quello di esplicare al popolo analfabeta gli episodi narrati nella bibbia, spingendo così lo spettatore a ricercare se stesso nella figura sacra, in quanto l’uomo nasce a immagine e somiglianza di Dio. Ritroviamo in questa sezione altri aspetti della vita dell’autore che hanno contribuito al percorso di conoscenza di sé. Tra questi “Io, Alberto” dove egli veste i panni di Alberto Marvelli e “Perdere l’aureola”, altro riferimento agli studi artistici e in particolare alla tesi che elaborò sull’opera di Mallarmè.