Le ferrovie che non ci son più << ..in carrozza, Signori e Signore..>> la Rimini – Novafeltria

imini. Viale Valturio. Il passaggio del trenino per Novafeltria, anni Quaranta, Fotografia di Marcello Rusticani (Archivio fotografico Biblioteca Gambalunga)
La costruzione della linea ferroviaria Rimini – Mercatino Marecchia (tale è stato fino al 1940 il nome dell’odierna Novafeltria) fu data in concessione alla Società Anonima delle Ferrovie e Tramvie Padane (F.T.P.) il 10 marzo 1913.
A scartamento ridotto da 950 mm. come quella della coeva Rimini San Marino, fu aperta con trazione a vapore per il tratto Rimini – Verucchio il 21 Giugno 1916.
Nel 1921 raggiunse San Marino – Torello ed il completamento definitivo avvenne il 18 Giugno 1922, quando il treno raggiunse il capolinea di Mercatino Marecchia per la prima volta.
Il patrimonio rotabile era costituito da:
– due locomotive a vapore da 160 kW
della Breda;
– una locomotiva a vapore da 120 kW della Orenstei & Coppel;
– una locomotiva a vapore da 55 kW della Krauss;
– tre carrozze a carrelli;
– tre bagagliai a carrelli;
– dieci carri merci chiusi e ventuno aperti.
La velocità massima era di 40 Km.-ora.
Dal 1952 le locomotive a vapore furono sostituite con automotrici minime a due assi ed a trazione diesel equipaggiate con motori General Motors da 165 cavalli e di recupero bellico.
Nel 1955 entrarono in servizio le automotrici bidirezionali Ranieri – GM con 52 posti a sedere e 300 HP di potenza fino alla dismissione della linea avvenuta il 15 Ottobre 1960. Il giorno successivo fu sostituita da un servizio stradale gestito sempre governativamente dalle Ferrovie Padane.
La sede ferroviaria è stata utilizzata per l’allargamento della S.S. 258 Marecchiese (oggi S.P. 258) e per eventuali varianti di tracciato.
Dopo la dismissione le automotrici vennero acquistate per “un piatto di lenticchie” dalla ferrovia Circumetnea mentre la locomotiva a vapore Krauss (il cosddetto “cubo”) rimase all’aperto nella stazione di Rimini. Nel 1970 fu acquistata dalla svizzera Ferrovia Museo Blonay – Chamby che la rimise a nuovo nel 1981. Da allora è esposta e saltuariamente impiegata come le altre locomotive storiche del museo. Il tracciato, riconoscibile da satellite come i vecchi fabbricati inerenti la ferrovia, aveva il capolinea riminese nell’attuale parcheggio delle Padane (piazzale Martiri d’Ungheria rotonda via Roma/via Clementini). Giunto all’anfiteatro svoltava a destra costeggiando il torrente Ausa e le mura malatestiane fino alla stazione ancora esistente di porta Montanara (Rimini P.M.). Proseguiva per un breve ed angusto tratto tra le mura e le case tuttora in essere per poi girare a sinistra in viale Valturio all’altezza della rotonda oggi costruita vicino a castel Sigismondo. Si immetteva quindi in via Marecchiese percorrendola interamente eccetto brevissimi tratti fino a Novafeltria.

Le stazioni e le fermate previste erano le seguenti:
Rimini Centrale (FP), Rimini Porta Montanara, Fornaci, Spadarolo, Vergiano, Casale Sarzana, S. Ermete, Corpolò, Villa Verucchio, Verucchio (FP), Dogana, Torello (FP), Pietracuta (FP), Bivio S. Leo, Ponte S. M. Maddalena, Secchiano, Talamello-Campiano, Novafeltria, per una lunghezza complessiva di 35,576 chilometri di cui per Km.22,076 i binari erano posti in sede stradale promiscua ed i restanti 9,450 in sede stradale protetta. Per la sua lentezza che poteva consentire al massimo di investire un asino, al trenino fu affibbiato il nomignolo “amaza sumèr” e poichè il trasporto dello zolfo era il principale motivo della sua costruzione, venne soprannominato “trenino dello zolfo”.
Da segnalare
è anche l’esistenza di un collegamento con il porto di Rimini (circa 1.800 metri) che dal capolinea proseguiva per via Dei Mille e svoltava a destra prima del ponte omonimo per proseguire fino al molo. Tale collegamento si era reso indispensabile per l’imbarco dello zolfo estratto nelle miniere di Perticara sui piroscafi diretti ai porti croati e serbi, il cui trasporto costituiva il maggiore introito economico.
Durante i lavori di riasfaltatura di quella via, nel 2004 sono riemersi i resti delle rotaie di questo raccordo.
L’esistenza della linea non fu affatto semplice nel tempo. Nel 1933 la Società Anonima Ferrovie e Tramvie Padane (F.P.T.) che gestiva anche la Fano – Fermi- gnano – Urbino e la tramvia Ferrara – Codigoro fu costretta al fallimento per difficoltà economiche e la Rimini – Mercatino Marecchia fu sospesa. Il salvataggio avvenne grazie ad una gestione commissariale governativa (la prima in senso assoluto in Italia) tramite l’Ispettorato Compartimentale per l’Emilia. La sorte purtroppo non è è stata pari- menti benevola con le altre due linee.
La Fano – Fermignano – Urbino, nel 1941 fu ri- levata dalle Ferrovie dello Stato per poi chiudere definitivamente l’esercizio nel 1960.
Fino dal 1937 furono inoltrate richieste di riconcessione da parte di diverse società con il relativo inizio dell’esame delle stesse, ma il ministero nel 1940 decise di soprassedere stante gli eventi succedutisi in quell’anno. Durante il secondo conflitto mondiale, con il passaggio della Linea Gotica, subì ingentissimi danni e fu ricostruita dal 1948 variandone il tracciato. Tra Verucchio e Pietracuta venne riutilizzata, adattandola, la sede della non completata linea ferroviaria subappennina che doveva collegare Santarcangelo di Romagna alla Urbino – Fabriano i cui lavori furono fermati nel 1915 ed il tratto Santarcangelo di R. – San Leo ultimato nel 1918, non entrò mai in funzione. Dei quattro viadotti esistenti, tre sono parzialmente crollati. L’unico integro è quello di Ponte S. Maria Maddalena. Molte stazioni sono invece giunte ai giorni d’oggi. Nel 1952, Sergio Zavoli dedicò alla Ferrovia Rimi- ni-Novafeltria un documentario radiofonico dal titolo “Scartamento ridotto” (reperibile su youtube https://www.youtube.com/watch?v=dy6T- Nu3xMXs della durata di 34 minuti corredato da un video). In esso il famoso giornalista, cittadino onorario riminese, descrive la ferrovia a seconda dei punti di vista:
– quello dei contadini, che la vedono come un grande elemento innovativo ed opportunità di sviluppo per la vallata del Marecchia;
– dei governanti, che la vorrebbero smantellare per la non sufficiente rendita economica;
– del capotreno, che amando oltremodo la loco- motiva a vapore, accetta a malavoglia e con sospetto la sua sostituzione con il locomotore diesel.