Mala tempora currunt sed peiora parantur – Di Vainer Nanni

 Mala tempora currunt sed peiora parantur – Di Vainer Nanni

Mala tempora currunt sed peiora parantur – del Dr. Vainer Nanni – Avvocato del Foro di Rimini, co-gestore assieme alla moglie Catia dello Stabilimento Balneare Novello n°128 Rivazzurra di Rimini.

Da quasi due mesi stiamo tutti avvolti da una patina surreale, una situazione all’interno della quale non avremmo mai pensato di vivere, nella nostra intera esistenza.

In effetti, allo scopo di contenere il contagio il nostro Presidente Del Consiglio dei Ministri, l’ormai telegenicamente noto “GIUSEPPI” Conte (passato nel giro di pochi mesi dal “Conte” meno noto, rispetto all’allenatore di una delle squadre di calcio più famose in Italia, a quello più noto, adombrando addirittura lo sport nazionale), assurto a legislatore nazionale, attraverso una sequela di atti normativi, prescriveva rigorose limitazioni all’esercizio di quasi tutte le attività economiche e, al contempo, enormi restrizioni alle libertà individuali.

Tutti abbiamo sperimentato sulla nostra pelle, in ragione della effettiva pericolosità del virus Covid-19 (SARS COV2) che, a causa dell’elevato numero dei contagi, “GIUSEPPI” Conte, in accordo con montagne di esperti, virologi e delle task force più svariate (quale programma televisivo, radiofonico, in rete o blog non ha avuto il suo scienziato personale?) si è trovato costretto ad adottare prima il DPCM dell’8 marzo 2020, col quale imponeva limitazioni alle libertà delle persone e all’esercizio delle attività insistenti su alcune aree del territorio nazionale (dopo estese a tutto il territorio nazionale), poi gli ulteriori DCPM dell’11, e 22 marzo 2020, 1 e 10 aprile 2020, corredati da succedanee circolari ministeriali (tra tutte le incredibili del 22 marzo 2020 e 28 marzo 2020) volte a chiarire (ma al più, a rendere maggiormente oscuri) i limiti già imposti e le imposizioni contenuti nei decreti.

Come se già non fossero stati sufficienti i provvedimenti “emergenziali”, per lo più svelati in orari serali e notturni, dal “nostro” GIUSEPPI, a generare dubbio, confusione e terrore sia nelle persone, sia nelle molteplici imprese sparse su tutto il territorio nazionale intervenivano, come necessari comprimari, i presidenti delle Regioni e con essi la totalità dei Sindaci, assorti protagonisti in necessarie videoconferenze i quali, attraverso ordinanze regionali e note comunali, restringevano ulteriormente l’esercizio delle attività economiche e delle libertà individuali.

Tutti ormai, anche senza essere giuristi o appartenenti alle forze dell’ordine, siamo a conoscenza, ad esempio, del fatto che sia stato vietato l’assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico, siano stati sospesi eventi e competizioni sportive (Giuseppi, insomma, riusciva in quello che neppure le guerre mondiali poterono, ossia mettere al palo il suo ormai meno noto, omonimo), con conseguente chiusura di palestre, piscine, spa e centri ricreativi, bar e ristoranti. Insomma, la nostra vita.

Con tanto di auto dei vituperati (a torto, si intenda) Carabinieri o della Polizia, fosse essa statale o locale, strombazzante lo squittio retrogrado dell’altoparlante, quale si fosse in un comizio del passato o ad ascoltare il nostalgico richiamo dell’arrotino, a ognuno di noi veniva richiesto di scegliere un Comune ove risiedere o dimorare intimando, quindi, il divieto di allontanamento da tale luogo.

L’arrotino ci ammoniva che gli spostamenti avrebbero potuto essere effettuati solo per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute.

Discorrendo tra il chiaro e lo scuro, da aridi giuristi, in questo libello ci si potrebbe inoltrare in esercizi di eloquio dialettico, sulla scelta del legislatore nazionale (GIUSEPPI), regionale e comunale (si perché anche i sindaci ci mettevano il loro zampino, con note in cerca di briciole di protagonismo) circa le fonti di produzione utilizzate al fine di restringere le libertà individuali ed economica, tutti principi di rango costituzionale nel medesimo ordine di importanza, mancato rispetto dei principi sanciti dalla sconosciuta (dai più) costituzione, tutti adesi e sottoscritti dal mio lato giuridico professionale ma, la realtà è che la pandemia, andava in qualche modo affrontata e i fatti dimostrano, che il pugno ferro, si era rivelato, quantomeno all’inizio, necessario per far comprendere le reali portate dell’infezione.

Nelle piazze (virtuali ovviamente, poiché oramai le nuove Agorà ed i Fori sono la televisione, Barbara D’Urso e la rete internet, Facebook su tutti) impazzavano le discussioni sulle misure di restrizione adottate, alcune necessarie, altre dubbie e talune inutili, a mio discutibilissimo parere, ma che hanno, certamente, comportato un rilevante impatto sull’economia.

Il GIUSEPPI nazionale, convinto di porre in essere interventi a sostegno dell’economia TUTTA, si armava di vaniloquio finanziario e con il decreto Legge del 17 marzo 2020 n. 18, improvvidamente denominato “Cura Italia” prima, seguito dal suo gemello (in tutti i sensi) sproloquiato “Decreto Liquidità” e da ultimo dal c.d.“Decreto Aprile” (o scherzo d’aprile?) dimenticava, come tutti i suoi omologhi del passato e quelli locali, pur di diverso o di parzial simile colore, l’intero comparto turistico.

A nulla valevano le grida di dolore, relative all’annullamento dei voli aerei, degli alberghi, dei fitti di case vacanza, dei resort e residence, dei pacchetti turistici e lo sfascio degli affitti d’azienda.

Inutili le riflessioni dei moderni filosofi del bagnasciuga e del buffet, sui probabili riflessi, anche per il futuro, di quello che, a tutti gli effetti, sarà qualificato come IL peggiore momento della storia vacanziera contemporanea. Vaniloqui i richiami all’arme tragica, dei titolari degli stabilimenti balneari e dei balneari tutti che stanno subendo, come ogni altro, il blocco totale delle attività, dovuto alle limitazioni imposte e prorogate nel litorale romagnolo riminese almeno fino al 3 maggio (sigh), al fine di contenere e contrastare i rischi sanitari derivanti dalla diffusione del virus.

Deliri di categorie invise ai benpensanti (e, votanti), la necessità di un immediato intervento di GIUSEPPPI, teso ad impedire che il settore turistico e, in particolare in questo graffio, gli stabilimenti balneari, subiscano danni irreparabili, con conseguenze irreversibili, da un punto di vista economico e imprenditoriale, oltre che sociale.

Risibile l’allarme teso a sottolineare che l’apertura estiva delle attività turistico- ricreative, allo stato attuale del contagio e degli “aiuti governativi” (da cercare, come moderni Diogene, col lumicino), risulti a voler essere generosi, “improbabile”.

Ancor più risibili, ascoltando le parole del governatore della Magna Romagna ( con essa, in un abbraccio gemellare e deleterio, la Grande Emilia) e della sua armata Brancaleone in giunta, le ipotesi (sventolate, inattuate e pardon, secondo chi governa, inattuabili allo stato delle risorse), di pluralità di azioni politiche, legislative, tecniche, organizzative e contenitive del rischio contagio da un lato e dall’altro, a sostegno delle imprese.

A parere delle nuove star del video e delle rete di oggi, ossia i virologi (parolone sotto il quale si nascondono uno stuolo di dotti), la soluzione semplice ed efficace sarebbe quella della chiusura, per l’intero anno 2020, di tutte le strutture turistiche, al fine di stroncare la diffusione del virus.

E per gli ignoranti balneari, che hanno a disposizione la sola piccola fetta dell’anno solare pari a non più di 90 giorni?

Non penso si debba possedere meningi da premio Nobel per comprendere che, continuare a seguire, pedissequamente ed acriticamente, la scienza “ufficiale” (ed i suoi inviolabili interpreti), comporterà danni irreparabili all’economia del paese, con inevitabili ripercussioni, anche nel tessuto sociale e che la soluzione dovrebbe, invece, essere cercata nel contemperamento di due principi giuridici, entrambi insigniti della dignità di rango costituzionale, oltre che tutelati e codificati come principi fondamentali a livello sovranazionale nella CEDU, quali il diritto alla salute ed i diritti di libera iniziativa economica e al lavoro.

Mettiamo da parte per un attimo, il livore che troppo spesso accompagna le definizioni di “Bagnino”, “Balneare” oppure semplicemente “stagionale” e cerchiamo di vedere tali termini, solamente come riferiti a soggetti che, in Italia, impiegano tante persone le quali, a loro volta, sostentano con i proventi da tale lavoro, il proprio nucleo familiare.

La proclamazione della pandemia da Covid-19, con i connessi provvedimenti di limitazione e restrizione, è avvenuta nello scorso mese di marzo, lasso temporale all’interno del quale gli imprenditori del settore balneare avevano già effettuato tutta una serie di interventi, in termini di investimenti, che non potranno mai più essere recuperati in caso di “fermo” dell’imminente stagione estiva. Nonostante la mia totale ignoranza in materia di “conti”, suppongo che anche a voler credere che ci potrebbe essere (ma non ho più l’età per credere alle favole) il sostegno (reale) dell’amministrazione centrale, tutte le prevedibili (per non parlare ora delle imprevedibili) perdite economiche del settore turistico, non sarebbero neppure gestibili attraverso misure di sostegno nazionali e regionali, con conseguenti danni a oltre un milione di individui (ai lavoratori, ai nuclei familiari degli stessi, agli imprenditori e a tutto l’indotto).

Ma esiste una bacchetta magica in grado di creare la magia giusta? Insomma esiste il DPCM “Incantesimo Italia”?

Anche a voler fare l’ingenuo, oppure proseguire in questa giocosità (necessaria a trasformare un arido scritto tecnico in una simpatica chiacchierata tra amici), è più che evidente che non esiste una panacea in grado di risolvere tutte le complesse dinamiche di questa pandemia, a livello mondiale, né il sottoscritto è in possesso della “medicina”, opportuna per trasformare il “Cura Italia” ed i suoi succedanei, in vere misure a sostegno dell’impresa in genere e delle turistiche, in particolare.

Obiettivo primario in questo olocausto, per quanto riguarda i balneari, dovrebbero essere non i famigerati seicento euro o qualche aiutino, per non affondare completamente nella stagione 2020, bensì la riconduzione ad equità dei canoni c.d “pertinenziali” (introdotti dalla legge finanziaria del 2007, attraverso i quali l’Agenzia del demanio rideterminò i canoni annui, relativi alle concessioni che ospitano strutture in proprietà dello Stato. Ciò introdusse un sistema di calcolo, commisurato, a presunti valori di mercato e determinò aumenti dal +300% al + 1500%), nonché quella che, fino ad oggi si è rivelata una chimera, ovvero l’uscita (o sopravvivenza) dalla c.d. Bolkestein (direttiva dell’Unione Europea 2006/123/CE, conosciuta come Direttiva Bolkestein, relativa ai servizi nel mercato europeo comune, volta a favorire la libera circolazione dei servizi e l’abbattimento delle barriere tra i vari Paesi).

Stabiliti gli obiettivi oggetto di “caccia grossa”, è giocoforza iniziare a sparare al quotidie, ovvero in primis la rinuncia, sospensione e riduzione dei canoni concessori, assieme a tutte quelle gabelle succedanee, quali IMU, TARI ecc., evidentemente sproporzionate a quel che vedremo apparecchiato alla tavola balneare e stagionale, durante l’estate 2020.

Ma ipotizziamo, solo per un attimo, che il giorno 4 maggio 2020 qualcuno (GIUSEPPI) compaia sui teleschermi di tutta Italia, fulgido come la stella del sud e, riverberato su monitor e cellulari annunci che il virus è sconfitto (debellato? Ammansito? Convivibile?) e che le attività (con tutte le cautele del caso) potranno riprendere, attraverso calendari, magari anche per fasce di età, nonché sequele di prescrizioni amministrative, accompagnate passo a passo da sanzioni penali, civili ed amministrative, come la “metteremmo” con le procedure amministrative, la burocrazia, l’esecuzione degli interventi manutentivi tutti da compiere in tempi record e con il montaggio delle (forse poche) opere che saranno consentite?

La parola d’ordine, in sostanza, dovrebbe essere SBUROCRATIZZAZIONE, immediatamente per la stagione 2020 ma non quale fine, bensì quale mezzo per creare i presupposti per recuperare terreno in quella 2021 e le susseguenti. E la cosa è tutt’altro che prevista, all’interno dei proclami di GIUSEPPI, tutt’altro ma non abbiamo tempo per discuterne.

Proseguendo nell’addentraci all’interno della c.d. “fase 2”, come si potrebbero ipotizzare gli scenari per l’estate 2020? Abbiamo ampiamente udito i termini distanziamento sociale? Dispositivi di protezione? Tutela ed eventuale potestà risarcitoria? Ma che significano?

In questi giorni tra rete, social, televisione e Barbara D’Urso (certo, perché oggi la signora è un corpo separato dalla televisione ufficiale e, rispetto ad essa, dotata dell’autorità e della credibilità che solo l’assoluta nazionalpopolarità è in grado di concedere, senza alcuna credenziale o pretesa di verità) abbiamo visto, letto ed ascoltato tutto ed il contrario di tutto.

Sanificatori da spalla con i quali i bagnini, moderni Ghostbusters, deambulerebbero per le spiagge aspergendo amuchina (la nuova acqua benedetta), sui bagnanti, barriere di plexiglass, posate sulla spiaggia, atte a separare gli ombrelloni e ad inscatolare il turista dal famigerato virus, elicotteri quali quelli del film “Apocalypse Now” che, tre volte al giorni, irrorerebbero sana pioggia igienizzante e non napalm, sugli agognanti turisti, insomma, di tutto e di più.

Al di là di tutto, quali sono per ora, le (solo) ipotizzabili (e realistiche) misure di protezione alle quali, ci si potrebbe dover conformare, durante la (oggi sospesa o forse cancellata) stagione estiva 2020? In caso di apertura (a oggi tutt’altro che scontata), indubbio sarà l’aumento delle distanze tra le file degli ombrelloni e tra gli stessi di almeno 1,5 metri rispetto alle distanze minime già consentite. Ipotizzabile anche l’obbligo di utilizzo di ombrelloni esclusivamente per ogni singolo nucleo famigliare, autocertificando i nominativi dei componenti e il proprio stato di salute all’ingresso in spiaggia.

La ridda dei tecnici “consiglierebbe” di delimitare sia le spiaggia (cosa vietata dalla tipologia concessoria dell’Emilia Romagna), sia il corrispondente specchio acqueo, mediante l’utilizzo di gavitelli delimitatori, staccionate e/o paletti e corda, differenziando le aree destinate alla spiaggia libera con le aree destinate agli stabilimenti balneari.

Dal punto di vista della forza lavoro, garantire la sicurezza e il rispetto delle norme porterà, con certezza, i singoli imprenditori balneari a dover procedere ad un incremento di personale e, per evitare premature chiusure di stabilimenti per fallimento o mancato rispetto delle norme di sicurezza, sarà necessario prevedere a contributi e sgravi fiscali per i lavoratori stagionali, oltre a reali e congrue forme di finanziamento alle imprese del settore.

Probabilmente potrebbe essere necessario l’utilizzo di mascherine per contatti o per lo spostamento della clientela all’interno delle aree demaniali e verso gli specchi d’acqua, l’uso di pannelli di plexiglass (esclusivamente) alle casse, contenitori monouso per il cibo e le bevande, eccetera.

Altri “comitati scientifici” (i nuovi santoni della verità) suggeriscono di istituire fasce orarie, di protezione per categorie a rischio o destinazione di specifiche aree dell’arenile a dette categorie, nonché di evitare la presenza di qualsiasi gioco per bambini o per adulti o animazione, al fine di non incorrere in qualsivoglia contatto e/o assembramento, tra persone.

Dal punto di vista dei servizi comuni, è giocoforza ipotizzare l’obbligo per le docce e per i bagni di garanzia di continua pulizia degli stessi, nonché la sanificazione periodica di tutte le aree, ombrelloni e relativi accessori.

Tutte le attività di ristoro svolte all’interno delle spiagge, quali bar, pizzerie e ristorazione, con ogni probabilità dovranno rispettare le direttive governative circa le distanze utili tra persone, anche nei posti a sedere (e speriamo, non il posizionamento di distanziatori tra tavoli con pannelli in plexiglass di altezza minima 2,20 metri, come alcuni invocano). I posti a sedere per ogni tavolo, stando a quel che fino ad oggi trapela, si suppone non potranno essere maggiori di sei.

Potrebbe essere necessario posizionare, all’ingresso di ogni stabilimento e bar o ristorante, dei cartelloni informativi, nonché fornire i già richiamati moduli di autodichiarazione (da cui si genererebbero, ovviamente, numerosi problemi ed adempimenti in merito alla normativa sulla privacy posto che, addirittura, potrebbero contenere anche dati considerati di natura sanitaria).

Per tutti si potrebbe avere l’onere di limitare la presenza di più persone al numero massimo di quattro, ogni dieci metri quadrati ed il personale delle attività, al chiuso, potrebbe dover utilizzare abiti usa e getta a maniche lunghe.

In caso vi fossero aree comuni, nelle quali non fosse possibile limitare la presenza delle persone, potrebbe essere richiesta la distribuzione di mascherine e guanti per l’utilizzo.

In sostanza, gli adempimenti e le ormai famigerate “prescrizioni”, potrebbero essere di portata tale da rendere, per un turista, la vacanza da un lato troppo “faticosa” e, dall’altro, troppo costosa, scoraggiando così anche coloro che non si fossero già “divorati” il periodo di ferie, durante l’emergenza pandemica, o le cui ditte, non intendessero recuperare il terreno perduto impiegando al lavoro il mese di agosto. Potrebbe essere richiesto informare e formare tutti i lavoratori delle imprese al rischio Covid-19, anche mediante formazione a distanza, misurare la temperatura al personale tutti i giorni, in ingresso e in uscita dal lavoro, la presenza di distributori di gel igienizzanti, la; disinfezione delle acque destinate al consumo, alle piscine e alle spa (ove presenti), l’utilizzazione di specifiche procedure igienizzanti per la lavanderia e la lavastoviglie, la redazione di vademecum comportamentali adatti a fronteggiare la piena emergenza sanitaria, tutelando anche i singoli dipendenti, la stipula di una polizza assicurativa che preveda un’indennità da ricovero, convalescenza e assistenza post ricovero in caso di un eventuale contagio, nonché un ristoro in caso di morte da Covid-19 e tante altre che fatico ad inventare.

Insomma, la maggior parte degli imprenditori del turismo, non solo del settore balneare, si sta ormai chiedendo non più “quando si aprirà”, bensì “se varrà il rischio aprire”, poiché in assenza di provvedimenti di GIUSEPPI, volti a dare un concreto aiuto alle imprese dell’intero settore turismo, attraverso l’erogazione di contante a fondo perduto (ovvero da restituire in un lasso di tempo di almeno 20 anni) e, soprattutto, per i balneari, la soluzione all’annosa questione che coinvolge la data di scadenza delle concessioni, oggi fissata al 31 dicembre 2020, con ogni probabilità aprire gli ombrelloni, le stanze di albergo o le porte dei ristoranti e dei bar, a giugno, potrebbero costare più che lasciarle chiuse, e non sarà solo colpa della pandemia. GIUSEPPI rifletta, anche se le indiscrezioni provenienti dai piani politici, che pur lo sostengono, ci riferiscono che il settore turismo non sia in cima ai suoi pensieri, anzi, per parafrasare una famosa canzone del passato, in Emilia Romagna, per sostenere il settore turistico. BAMBOLE NON C’E’ UNA LIRA!

Chiudo come ho aperto, con un poco di rammarico in più e giocosità in meno, “mala tempora currunt sed peiora parantur”

  • di Dr. Vainer Nanni – Avvocato del Foro di Rimini, co-gestore assieme alla moglie Catia dello Stabilimento Balneare Novello n°128 Rivazzurra di Rimini.

Riminiamo

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