Monica Baldi in Rimini Rimini. La sua è la fotografia del sogno

 Monica Baldi in Rimini Rimini. La sua è la fotografia del sogno

Monica Baldi è una giornalista pubblicista dal 2009, da sempre affascinata dal mondo dell’arte e della cultura, nipote di un famoso ceramista di Faenza, Uberto Zannoni, attivo in ambito culturale tra gli anni 60 e 70, dal quale eredita sicuramente l’estro artistico. Dopo la maturità classica, intraprende gli studi accademici di Cinema Mediologico ed è qui che incontra e si avvicina alla Fotografia.

Le sue prime foto vengono scattate nel 2010/2011 e i riconoscimenti arrivano da subito, grazie anche al supporto di alcuni maestri che hanno sostenuto il suo lavoro, come ad esempio Vasco Ascolini, fotografo reggiano, che ha riposto fin dagli esordi, molta fiducia nelle sue qualità artistiche. E’ proprio Ascolini che l’aiuta ad esporre il suo primo progetto fotografico al Festival de la Circulation(s) di Parigi nel 2013, Sinfonie: una collezione di immagini in cui le forme dello strumento musicale vengono scomposte e ricomposte. Solo pochi elementi sono percepibili, ma il colore aiuta a concentrarsi sulle foto, che rimangono così sospese quasi come note musicali. Questo progetto è l’incipit della sua carriera artistica, dopo il quale si mette alla ricerca di una propria personale poetica e di soggetti non tanto particolari, quanto per lei significativi ed esegetici. Inizia così a lavorare ad un nuovo progetto, Rimini Rimini, nel quale raccoglie immagini scattate a tutta la riviera adriatica, a cui correntemente lavora. Sceglie nuovamente un curatore reggiano, Riccardo Varini, esponendo nel 2015 in una mostra personale a Reggio Emilia e all’interno del Circuito Off di Fotografia Europea 2016.

   Sceglie per questo progetto di farsi influenzare dalla poetica di Luigi Ghirri, figura chiave della New Wave fotografica italiana degli anni 80, per la sua dimensione esperienziale della fotografia rispetto ad una oggettuale. Il paesaggio non è delimitabile geograficamente, è una condizione del nostro vivere nel mondo. Per Ghirri come per la Baldi, il colore è molto importante. Il colore, come l’assenza dello stesso, assume valore simbolico.

Monica predilige un supporto fotografico adoperato da pochissimi altri: sceglie la carta cotone da acquerello e mai carta fotografica, così da ottenere delle foto sempre colorate, ma al tempo stesso delicate. Le sue fotografie sono raffinate, ma anche giocose. E i colori, per quanto vivaci, si prestano sempre a immagini pure e private del superfluo.

L’atmosfera è molto piacevole e probabilmente molto curata, espressione della dedizione e cura nei dettagli che Monica mette nel suo lavoro. Sono proprio i dettagli, il focus sul quale si concentra maggiormente.
Nonostante questo progetto sia una raccolta di foto scattate in riviera, il mare non è mai il soggetto principale: a volte si intravede da lontano, altre volte si percepisce la sua presenza dietro delle cabine. E’ difficile inoltre, trovare nelle sue foto soggetti umani in primo piano.

Il suo modo di fare fotografia però non vuole essere contemplativo, come Ghirri, ma molto più divertente. Il titolo è una dimostrazione lampante del suo modus operandi, ricordando film del passato di una certa notorietà per la città di Rimini e la riviera stessa.

I riferimenti ad una visione più ludica e sognante sono molteplici: lei stessa dichiara di preservare il mondo interiore dell’infanzia con frequenti richiami ai giochi in spiaggia, come il castello delle fiabe, la giostra danzante, i pesciolini degli stabilimenti balneari che riportano indietro negli anni.

“La mia è una doppia contaminazione”, come ha tenuto a precisare. Una di carattere cinematografico con Federico Fellini, che è il suo regista preferito, sul quale ha concentrato molte ricerche e studio, per l’effetto sogno che tenta di far percepire dalle sue foto; l’altra di carattere letterario con Pier Vittorio Tondelli, che scrisse il romanzo “Rimini”, nel quale individuò la riviera romagnola come lo specchio su cui si riflettono i sogni e i desideri dell’Italia dell’effimero e della leggerezza. Monica dice di aver rivisto in alcune sue frasi le immagini delle sue fotografie.

Rimini Rimini è un progetto che sta riscuotendo molto successo tra il pubblico, ma mi rivela che le sue foto non sono scattate con l’obiettivo di far successo, bensì per assecondare la propria naturale indole e per fissare la sua visione delle cose, con la speranza che essa venga compresa e apprezzata. La sua è una fotografia colta: le contaminazioni con discipline extra fotografiche sono molteplici, motivo per cui il suo lavoro va considerato come ricerca artistica in costante costruzione. Crede nella Fotografia come Arte, come sintesi di astrazione e realismo. La fotografia è il mezzo con il quale si può costruire la realtà così come la vediamo o prelevare la realtà semplicemente com’è; assomiglia ad un quadro, ma funziona come un ready-made per l’attività procedurale e concettuale.

Nonostante la sua non sia fotografia da reportage (mi confessa che fa fatica anche a fare foto su commissione, perché fotografa solo ciò che le piace e che sente suo), il suo fotografo del cuore è Ferdinando Scianna, che stima perl a sua opera e per la sua immensa cultura, anche se fotoreporter molto distante dalla sua forma mentis e per le foto in bianco e in nero, che lei rifiuta nei suoi lavori. Ad affascinarla sono la fama e i riconoscimenti internazionali di Scianna, che nella sua carriera ha affrontato diverse tematiche: l‘attualità, la guerra, il viaggio, la religiosità popolare, ma tutte legate da un unico filo conduttore, ovvero la costante ricerca di una forma nel caos della vita.

Nel 2017 la Galleria Santa Croce di Cattolica ha promosso una mostra per la valorizzazione del territorio, esponendo circa 30 immagini del suo progetto Rimini Rimini, con un titolo diverso, Cabine Cabine, riprendendo un titolo di Tondelli.

Ha collaborato per diversi anni con una galleria di Mantova, la Galleria ArteArte nella quale ha promosso molte mostre personali e collettive. A Reggio Emilia, sua città natale, espone spesso al Festival, annuale, Fotografia Europea.

Fino a qualche anno fa si occupava di un proprio spazio espositivo, Art Studio 22, nel quale sono state organizzate frequentemente mostre per artisti locali, come per Vasco Ascolini e Cesare Di Liborio, mentre oggi è una curatrice di eventi per artisti emergenti. Mi racconta che sta iniziando a pensare ad un nuovo progetto, nel quale le piacerebbe concentrarsi sull’idea del viaggio, come perlustrazione del territorio, dalla Riviera Romagnola fino in Puglia, per esplorare la variazione del paesaggio, pur trattandosi sempre di costa adriatica.

Mi saluta con un augurio a se stessa:

“prossimi viaggi, prossime foto!”

Quindi alla domanda interiore che la maggior parte si starà ponendo: “Ma anche io ho una galleria Instagram piena di foto in spiaggia, perchè la notorietà?!”, la risposta è semplice: nell’epoca dei social media e delle immagini, in cui tutti scattiamo foto continuamente, spesso molto belle, non conta la perfezione tecnica o la bellezza stessa dell’immagine, quanto la nostra personale visione del mondo che vogliamo trasmettere; un progetto; una storia.

Arianna Chirico

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