UNA FINESTRA SULL’ITALIA. ABRUZZO

 UNA FINESTRA SULL’ITALIA. ABRUZZO

Negli occhi la gentilezza del mare e nelle mani la forza della montagna

Ehi, voi.

Si, proprio voi. Voi che state già sbadigliando e ora fate finta che non stia parlando con
voi.
Vi piacciono gli indovinelli? A me sono sempre piaciuti, fin da piccola ascoltavo attentamente e mentre le rotelline del mio cervello stavano ancora girando, mi facevo soffiare la risposta da qualcuno più veloce di me, però mi sono sempre piaciuti. Questa lentezza ha tramutato la mia voglia di rivalsa in una personcina che vuole sempre aver ragione.
Poi ho conosciuto l’Abruzzo e voler aver ragione in questa terra, è una sfida senza rivali…ma i vincitori non sarete mai voi. L’Abruzzo è una regione da scoprire.
Avete detto «wow»?
No, non è una strategia di marketing del territorio, ma una verità assoluta…ricordatevi: mai dar torto!

L’abruzzese medio è ricco di sostanza, guai a dirgli il contrario. Non tutti conoscono perfettamente questa regione, certamente nemmeno io, ma ho una guida d’eccezione. Primo passo: non confondetevi le idee, nonostante sia la mia stessa guida a confondermi, la “b” di Abruzzo è solo una.

Vi vorrei descrivere questa terra perfettamente, come i miei occhi l’hanno impressa nella mente, ma è ricca di sfaccettature e sarebbe un grosso sbaglio dargli solo poche e determinate caratteristiche. L’aria marina della costa è aria di libertà, ho conosciuto la città di Pescara e il suo «Groove» particolare, ho aspettato l’inizio dello spettacolo del tramonto sul pontile di Francavilla: il saluto serale del sole non mi aveva mai lasciato così a bocca aperta. Scoprire è qualcosa di talmente grande e inspiegabile che è difficile da raccontare, soprattutto se a scoprire non sono solo gli occhi, ma anche il cuore. Ricordatevi il nostro motto per questo viaggio nella terra di D’Annunzio: mai dar torto! Ma, soffermiamoci proprio su questo, ancora non sono Mary Poppins e dal mio bagaglio culturale non posso tirar fuori molte informazioni, ma ho provato a digitare sul motore di ricerca “personaggi illustri in Abruzzo”. Non che io non conosca D’Annunzio o non riconosca la sua portata letteraria, ma ci sarà qualcuno più simpatico e meno ripetitivo per tutta la vita liceale di ogni povero studente, da ricordare. Quindi ricorderemo Ennio Flaiano, il quale scrisse il soggetto de “I Vitelloni” che venne poi diretto da Fellini e girato proprio qui a Rimini invece che a Pescara. Troppo di parte? Forse.
Quindi, ricapitolando, nella scoperta della terra di D’Annunzio (non sarò io a contraddire questo popolo orgoglioso sostituendo la sua figura), abbandoniamo il mare per andare alla scoperta della sua parte più forte: la montagna. Quello che ci aspetta sono ore di treno e di pullman, ma il paesaggio blocca le mie lamentele proprio sulla punta della lingua, neve. Neve ovunque. Tra il caldo di questi treni regionali e il freddo barbino del luogo, mi sento le guance in fiamme ed è subito un po’ Heidi all’avventura.

Passiamo Avezzano, da dove prendiamo il pullman per L’Aquila. Come una lieve coltre bianca si posa sulla strada, su noi si posa la copertina di Morfeo e ci svegliamo bruscamente all’arrivo nella nostra meta, dove ci rendiamo conto di essere diventati gli unici passeggeri, questo non promette bene.

La maestosa città ci dà il benvenuto in questa malconcia stazione degli autobus e come in un labirinto ci troviamo intrappolati in un tunnel, dove, forse, un giorno funzionavano anche le scale mobili.
Dopo una ventina di minuti da film paranormale, vediamo la luce. Scaraventati in un mondo parallelo: neve e una città in ginocchio.

Il freddo della neve ha gelato l’anima della città che rimane nascosta nelle macerie delle sue case, ma è il cielo terso a raccontare lo spirito di questo posto. Le vibrazioni sulla pelle sono strane e sembra di stare in quei film dove qualche eroe cerca di modificare il tempo, la sensazione è che tutto sia fermo in un cantiere aperto. Il nostro giro continua, attraversiamo la città passando per le vie, troviamo le scuole, il comune e altre case ancora, puntelli e centine, questo è il problema di avere una guida architetto. Poi, arriviamo al castello e al suo parco, nessuno può varcare la soglia di questa mastodontico ricordo del passato, ad eccezione degli addetti ai lavori, sembra di stare nel regno di ghiaccio di Frozen, dove c’è solo neve e niente più, forse i bambini lo potrebbero confondere proprio con il castello di Elsa. Tutto tace. Ma il tempo scorre e la nostra visita è agli sgoccioli, corriamo verso la stazione, ripassando tra le vie silenziose e addormentate della città, come le membra a riposo della mamma quando tutte le mattine di corsa cercavo di far piano per non svegliarla, ma acceleravo i movimenti affinché il bus non dovesse aspettarmi, anche perché non lo avrebbe fatto mai.

Corriamo per strade impervie e incontriamo la magia di una città in silenzio, non c’è una casa che stia in piedi da sola o sia senza nastri e macerie. Come pastorelli con il gregge, scendiamo verso la stazione, attraversando qualche campo e giardino desolato.

La nostra frenetica corsa si arresta quando arriviamo alla Fontana delle 99 cannelle, una delle più antiche della zona e secondo la tradizione, le cannelle rappresenterebbero i novantanove castelli del circondario che, nel XIII secolo, parteciparono alla fondazione dell’Aquila. Questa città è ricca di storia, ogni angolo racconta qualcosa, sarebbe un peccato dimenticare.

Arrivati in stazione, l’istinto di girarmi verso questo mondo parallelo è più forte di me e, come una nipotina con sua nonna, penso di getto a quanto dovremmo prenderci cura delle nostre città, soprattutto quelle che soffrono di più la solitudine. Prima di salire sul treno, un lieve sospiro esce dalla mia bocca e gentile come la neve si spande nel luogo o spero che lo faccia: “Guarisci nonna”.

Il nostro viaggio continua verso Sulmona, verso l’infinito e oltre, ma la magia e le vibrazioni de L’Aquila non svaniscono e affondano nel cuore.

Vorrei poter essere un veterinario per potergli medicare le ali e farla tornare a volare. L’Abruzzo è una regione tutta da scoprire e non lascerà mai l’amaro in bocca.

Non datemi torto.
Forse la mia guida ha contagiato anche me!

Ilaria Ferrari

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