UNOAUNO – Un po’ di Rimini e Molfetta in giro per l’EUROPA

È difficile dare una collocazione musicale agli Unoauno anche se azzardando, (se a fronte di una pena di morte fossi costretto a dare un etichetta a questi ragazzi) potrei inserirli tra l’hardcore e il cantautorato con delle rimanenze post-punk e boh non saprei cos’altro inventarmi perché è realmente difficile. Però questa roba “suona” che poi è l’unica cosa che conta ed è un piacere averli incontrati per una chiacchierata.
Ciao Ragazzi!
Da quel che ascolto e mi permetto di analizzare, il vostro mondo musicale è fatto di introspezione, tumulti e messaggi forti trasmessi non solo dalle parole e dai simboli delle parole stesse ma anche dalle sonorità incalzanti, a volte morbide, a volte (spesso in realtà) graffianti che accompagnano questa narrazione astratta, urlata quasi a costringerti a una riflessione.
Cosa volete trasmettere sia in generale che invece più nello specifico con “Barafonda”, la vostra ultima fatica?
<<In generale ti possiamo dire che, nonostante ogni album e ogni brano abbiano un senso a sé, ciò che trasmettiamo, specialmente nei live, è un tipo di esperienza anomala. Straniante, rapida, intensa. Almeno, ci proviamo – noi la viviamo così. Il nostro genere è un genere d’impatto, quasi violento, ti strattona e ti dice, ma lo vedi cosa diamine sta succedendo alla vita?! Non è ‘na roba che ti ascolti appena alzato nelle nebbie del sonno, oddio, forse i più coraggiosi. Anche perché dopo la scossa, bisogna – bisognerebbe – pensare. Barafonda è un pensiero a forma di musica, questo genere di musica, l’unica che sappiamo fare, su quel tipo di realtà diventata invisibile perché vista troppe volte, troppo spesso. Dopo vent’anni ti accorgi di un insignificante motivo sul tuo portone di casa: è sempre stato qui ‘sto coso? Quando si tratta di cose più ingombranti per la vita, accorgersene è più difficile, più doloroso. Serve uno stimolo più rumoroso>>.
Cosa c’è nella vostra musica? Cosa vi spinge all’evoluzione sonora che state sperimentando, cosa c’è nella vostra vita che vi motiva in questo senso?
<< L’evoluzione sonora – ammesso che non sia un’involuzione sonora – è qualcosa di cui non si è coscienti, se non alla fine. Il modo espressivo è un riflesso incondizionato della vita. Come quando ti accorgi che le parole del tuo gergo quotidiano cambiano. Perché ho iniziato a dire “vez”, “zio” ecc.? Boh! Però se ti stai facendo ‘sta domanda, sta’ sicuro di una cosa: arriva tardi, ormai è già un po’ che li usi, fan parte di te. Lo stesso accade con la musica. Fai un tot di pezzi “nuovi” e quando te ne sei appropriato, ti giri e vedi il cambiamento ormai è troppo tardi. Ormai ti esprimi così. Cause? Ai posteri l’ardua sentenza>>.
So per certo che portare avanti un progetto musicale come il vostro, con l’impegno e la determinazione che ci mettete non ha solo vantaggi. Ditemi qual è la cosa che vi mette maggiormente in crisi?
<< Caps lock: solo una!? Ardua, ardua scelta. A pancia, dopo il quinto Fernet-Branca (pubblicità occulta) ti risponderei con il grandissimo Franco Naddei, nonché l’uomo che ha registrato e dato vita materialmente a Barafonda nel Cosabeat Studio, che un giorno ci disse: ragassi, la musica fa schifo! Sembra una boutade, ma in realtà – poi ha argomentato eh, anzi sta pure un progettino- tac! Sotto sotto che…. va beh – è un discorso serio: capita spesso suonando in giro di essere proprio nel posto sbagliato al momento sbagliato. Purtroppo anche una musica che avrebbe qualcosa da dire, di qualsiasi genere sia, se ingozzata a forza a gente che non ne vuole sapere, fa schifo>>.
In Autobahre, che poi è la traccia di apertura di questo nuovo album, raccontate quest’angoscia del quotidiano esasperata, quasi arrivando ad annullarsi, a morire. Immagino vogliate esorcizzare in qualche modo questi stati d’animo, quale dovrebbe essere secondo voi la reazione appunto alla quotidianità, all’oppressione che l’uomo subisce, spesso in modo passivo?
<<Domanda tosta. Allora: dici bene che noi la raccontiamo, questa angoscia così pervasiva del mondo contemporaneo. Sull’esorcizzare … metterei dei puntini di sospensione. Nel senso che non siamo sicuri che chi ascolta davvero poi si liberi, scongiuri, appunto, queste paure… diciamo che noi ci occupiamo più dell’input, l’output è più dovuto alle forze di ognuno. Certo è che l’album, complessivamente, racconta una catabasi, una deriva che è necessario percorrere per prendere sul serio quelle cose ingombranti della prima domanda. Banalmente è la cosa più scontata, ma spesso la più difficile da fare: il malato psichiatrico non si accorge di star male, perciò non può nemmeno pensare alla guarigione. E un certo tipo di Noia, per dirne una, ha esattamente queste caratteristiche. C’è sempre e non lo vuoi ammettere. Ti toglie il respiro, ti attanaglia anche nei pochi momenti di gioia, “eppur tutto va bene, va proprio tutto bene” (da leggersi rigorosamente con il tono di Ferretti)>>.
Avete in programmazione un tour impegnativo che vi porterà fuori dall’Italia, non so se siete il tipo di persone che hanno delle aspettative ma ve lo chiedo lo stesso: cosa pensate di trovare “la fuori”? e cosa vi piacerebbe portare a casa da questa ormai prossima esperienza? Ditemi anche come avete scelto le Città in cui suonerete, soprattutto quelle estere..
<< Organizzare questo cosiddetto tour europeo è stata una fatica non da poco. Abbiamo iniziato ad inviare mail a marzo e abbiamo finito di chiudere tutte le date qualche giorno fa. Non ci ha aiutato alcun tipo di booking e sentirlo cosi nostro è dovuto sicuramente a questo. I posti scelti sono in realtà – come capita a tutte le cose più belle – dati dal caso. Abbiamo chiesto ad alcuni amici che hanno già girovagato per l’Europa qualche contatto, qualche informazione su possibili locali ai bordi delle città e ci siamo mossi di conseguenza. E poi da lì un domino abbastanza necessitato, se siamo in Croazia tocca salire e dove andiamo? C’è l’Ungheria allora proviamo a chiedere a qualche locale di Budapest e vediamo cosa succede. La cosa che più ci ha impressionato è questa: (parto col classico discorso anti-Italia) nella nostra cara penisola se non sei inserito in un giro di persone, contatti eccetera non vai quasi da nessuna parte. Scrivi mail, chiami il locale e manco ti dicono che gli fai schifo e che nel loro locale non ti ci vogliono. In Europa, e qui mi sento di generalizzare, ti rispondo nel novanta per cento dei casi, anche per dirti che proprio nel loro locale non c’entri nulla e ti rimbalzano a qualche altro contatto che organizza concerti più nel tuo stile. Abbiamo conosciuto virtualmente persone stupende che veramente hanno preso a cuore questo nostro fatto del “do it yourself” e ci hanno aiutato in ogni modo. Ora non resta che partire e si sa che partire significa esteriorizzare ed esteriorizzarsi, Hegel direbbe estraniarsi, con tutto quello che comporta. Quindi siamo pronti, esaltati e forse andiamo pure in camper. TRANS EUROPA EXPRESS!>>
E che ne è di Rimini? C’è uno zoccolo riminese importante nella vostra formazione, cosa vi portate dietro (e dentro) di Rimini? E cosa succede quando ci tornate, per suonare ad esempio?
<< Beh, intanto oltre a Rimini, che sta sempre con noi (sta pure nel titolo dell’album!), metterei dentro anche Molfetta, terra natia di Mauri. In fondo sono realtà molto simili, troppo simili – è stato un incontro fulminante tra gruppi di amici, riminesi, molfettesi. Partito proprio dall’esperienza del gruppo. A volte abbiamo l’impressione inquietante del destinale: mamma Adriatica, babbo Adriatico. Vaneggiamenti a parte, l’esperienza della provincia, vivere i campanili, le antenne sui tetti, le differenze, i morbosi attaccamenti identitari a particolarità a volte malamente distinguibili (a volte inutili), è qualcosa che ti arricchisce, e forse ti permette di vedere la realtà delle grandi città sotto una luce diversa. Vengono sfatati tanti miti, – non è il paradiso – confermate alcune paure, – può essere un inferno – vissute esperienze nuove – il purgatorio di possibilità, positive e negative, che solo un ambiente più grande può dare. Tornare è molto bello ovviamente, soprattutto perché abbiamo mantenuto dei bellissimi rapporti a casa, penso a Giulio della Ribéss Records, l’etichetta di Santarcangelo che ci ha, di fatto, permesso di partire, e abbiamo mantenuto anche un rapporto speciale con alcuni luoghi della memoria (La Brezza per Rimini, Allémmersè per Molfetta) che è sempre bello risvegliare>> .
Tornando a Barafonda, che mi preme consigliare a chi non vi conosce ancora, com’è successo che l’avete partorito… dove, come, quando, perché…insomma spiegatemelo per bene..
<< I brani nascono a poco a poco, anzi, alcuni sentiamo il bisogno di provarli sul palco strada facendo, per capire se “spingono” a sufficienza, come dovrebbero. I famosi “inediti”, che altro non sono che brani un po’ sfigati senza un posto dove dormire, che vengono messi sotto torchio brutalmente nei live. A poco a poco poi, si trova una casa, incominciano ad essere un gruzzoletto prepotente. Vanno sistemati. A quel punto il momento delle registrazioni è una stasi, che nel nostro caso purtroppo dura pochi giorni, in cui la forma fluida deve diventare stabile. Per far questo ci vuole un maestro come Franco – son proprio forme di vita diverse del brano, e non ci si può improvvisare. Il tono di Barafonda, invece, che noi abbiamo imparato a conoscere strada facendo, è sicuramente il risultato di un mix. Una buona dose di rabbia (dovuta un po’ a vicende personali, un po’ a scoperte eufemisticamente sgradevoli legate al mondo della musica in Italia), e una piccola grande dose di apnea. Senti che una montagna di cose inespugnabili ti sovrasta, ti toglie il respiro, e tu affondi lentamente, in silenziosa autocoscienza. Ora davanti hai due strade: rallentare il battito, conservare l’ultimo fiato, resistere il più possibile, mentre ti inabissi, la mente oscurata, o convogliare quel poco d’aria che ti rimane in un istinto che gridi sopravvivenza e ti riporti in superficie>>.
SPAM BRUTALE (Contatti, pagine, spotify, store vari ecc, qualsiasi cosa di commercialmente utile)
<<Partiamo dal dilettevole: abbiamo una pagina facebook e un profilo instagram che aggiorniamo quotidianamente. Pubblichiamo recensioni, interviste, foto, locandine del tour… insomma, una via diretta per poter informare quel piccolo gruppo di persone che ci segue sulle nostre attività, dal suonare al cazzeggiare. Andiamo avanti con l’utile: gestiamo un nostro profilo bandcamp (https://unoauno.bandcamp. com/) dove è possibile non solo ascoltare le nostre tracce in streaming ma anche acquistare dischi, magliette, borse, in pratica tutto il materiale che poi vendiamo al banchetto. Per i più ispirati, è possibile anche invischiarsi nel profilo bandcamp della nostra etichetta (https://ribessrecords.bandcamp.com/music) per ascoltare i nostri fratelli musicali della grande casa blu Ribéss Records. Ovviamente la nostra musica è anche su tutte le stuzzicherie digitali: spotify, deezer, google play music, apple music e via dicendo. Audioglobe si sta occupando della distribuzione delle copie fisiche in tutte le librerie (Feltrinelli, Mondadori, IBS…).
Chiudiamo con il più utile: un appello se volete chiamarci a suonare, basta scriverci su facebook o via mail a 1.unoauno@gmail.com>>.