UN CANTO ALL’ IMPROVVISO. Dalla formazione al presente, la riminese Elena Cataneo racconta il suo RnB

 UN CANTO ALL’ IMPROVVISO. Dalla formazione al presente, la riminese Elena Cataneo racconta il suo RnB

“La musica è un regalo e una difficoltà che ho avuto sin da quando riesco a ricordare di esistere”.
Con questa citazione della celebre cantante Nina Simone, Elena Cataneo, in arte Eileen Marie Coppola, cantante riminese, mi ha salutato alla fine dell’intervista. In realtà, come le avevo promesso, il nostro incontro ha assunto i contorni di una chiacchierata davanti a un caffè piuttosto che quelli di un’intervista impostata e formale. Elena ha 40 anni, è cresciuta con il desiderio di cantare e ha una lunga storia alle spalle, fatta di sorprese, delusioni, difficoltà, apici raggiunti e fondi toccati. Durante la lunga intervista (pardon, chiacchierata), Elena ha gradualmente sciolto le riserve nei miei confronti e mi ha raccontato molte delle esperienze che l’hanno portata negli anni ad essere ciò che è oggi. Elena ha recentemente pubblicato il suo primo Ep in carriera. Per spiegarvi perché vale la pena di ascoltarlo, sedetevi al tavolo, ordinate un caffè e fatevi questa chiacchierata con lei.

IL PRIMO MAESTRO
Non si finisce mai di imparare ed Elena ne è una dimostrazione. La sua formazione come cantante ha inizio a diciassette anni, quando il tenore Angelo Bartoli, padre della nota Cecilia Bartoli, la accetta come sua allieva. “Mio padre decise di mandarmi a lezione da lui affinché mi dicesse che non avevo talento e abbandonassi l’idea di diventare una cantante”, spiega Elena. “Angelo teneva lezioni private. Io ero l’unica allieva femmina e l’unica che non voleva fare lirica, ma lui amava le sfide e non si tirò indietro. Studiai da lui 5 anni, durante i quali mi insegnò tutto sulla tecnica del canto. Quando tornavo a casa mi allenavo per ore e ore, cercando di adattare i suoi insegnamenti alla musica leggera. Angelo è stata una persona fantastica, gli devo tutto riguardo alla mia voce.”

LUCI E OMBRE A SANREMO
A ventun anni Elena frequenta l’accademia di Sanremo e viene selezionata per partecipare alla 49° edizione del Festival, nella sezione giovani. Per circa due anni Elena studia con Martina Grossi, insegnante di Jazz. Quella di Sanremo sarà un’esperienza controversa per lei, durante la quale imparerà molto sul mestiere del cantante e sulla realtà. “Partecipare a Sanremo fu una sorpresa”, racconta Elena. “Quell’anno fu speciale, con i ragazzi della sezione giovani ci si ritrovava per cantare in strada fino alle quattro del mattino. Vissi l’esperienza come una vacanza e mi classificai sesta nella categoria. Poi, il direttore artistico che mi aveva scelto dall’accademia proprio per il tipo di musica che amavo, l’RnB, venne mandato via. Chi prese il suo posto voleva impormi uno stile più classico, ignorando apertamente il mio desiderio di rimanere fedele al tipo di musica con cui avevo iniziato. Al tempo avevo un contratto con la Bmg Ricordi e dovetti scegliere se adattarmi alle regole del business oppure no. A vent’anni si è ingenui e certe decisioni sono difficili da prendere. Lasciai la Bmg Ricordi, dovetti muovermi anche per vie legali. Per quella decisione fui etichettata come ingestibile e da lì la strada si fece in salita. Tutti credevano che fossi una testa calda.”

UN INCONTRO IMPORTANTE
A Sanremo Elena incontra un giovane rapper e produttore della città, Keemo, anche’esso in cerca di opportunità. Con lui inizia subito una collaborazione che durerà vent’anni e che ancora oggi è la solida base della carriera di Elena. “Keemo è ancora oggi il mio socio. Adesso sta a New York, collaboriamo a distanza e quando posso lo raggiungo. Siamo un po’ come il Timbaland e la Missy Elliott italiani, diciamo spesso così fra noi. Dopo esserci incontrati a Sanremo, decidemmo di metterci in proprio. Fondammo la Boom Clap Records, un’etichetta indipendente che ancora oggi ci portiamo dietro. Furono anni costellati da difficoltà, in parte perché eravamo troppo giovani e in Italia non ci ascoltavano, in parte per colpa della mia fama di ingestibile. Da quelle prime esperienze però imparai tanto, sia a livello tecnico – imparai a utilizzare tutti gli strumenti di registrazione in studio – sia a livello esperienziale, scontrandomi con la realtà del business e le sue regole. Dopo dieci anni di lavoro uscì E.C., il nostro primo album. Quello fu un punto di svolta, il coronamento di un impegno costante lungo un periodo travagliato che superai trovando una forza che non sapevo di avere. Oggi credo che certe situazioni si presentino proprio perché abbiamo la forza di affrontarle, altrimenti non si presenterebbero.”

LA PARENTESI A NEW YORK

Elena oggi è laureata al DAMS di Bologna. Per ultimare la sua tesi ha passato un periodo a New York, durante il quale ha preso lezioni per qualche mese da un’insegnante di Blues. “A New York sperimentai un approccio fisico con la tecnica del canto. La signora da cui andavo a lezione mi faceva fare per metà del tempo esercizi di ginnastica per aprire la cassa toracica. Fu molto interessante, anche se durò solo qualche mese. Quella signora mi aiutò soprattutto a superare un momento di crisi in cui pensavo di non valere nulla. Lei riuscì a darmi la spinta, per questo ricordo con piacere quel periodo.”

CHI SEI OGGI, ELENA?
“Oggi continuo a cantare. L’ho sempre fatto e sempre lo farò. Quando mi alzo la mattina non vedo una cantante ingestibile, ma anzi vado fiera delle mie scelte e del mio idealismo. Oggi ho un’identità precisa: mi fido del mio istinto, amo costruire i miei brani e lo faccio sempre improvvisando. Ecco, oggi improvviso. Entro in studio, metto su una base e inizio a cantare, poi un pezzo alla volta modifico il tutto. Mi piace registrare, a volte preferisco il lavoro in studio che le comparse dal vivo. Per via del mio carattere il live mi spaventa, soprattutto quando il pubblico è ristretto: vedi le persone negli occhi e senti addosso il loro giudizio. Però quando prendo il microfono e inizio a cantare riesco a esprimere tutto ciò che ho dentro. Per me cantare è un canale di comunicazione alternativo e con il quale mi trovo molto più a mio agio. Ho studiato la tecnica e ho imparato a usare la mia voce: chi dice che basta il talento si sbaglia, bisogna sapere usare il proprio mezzo al meglio. Nei miei brani adoro mettere dei cori, sono per la libera espressione e ad oggi sento di non avere più niente da perdere. È questo il senso del mio nuovo Ep, ‘Infernale’, uscito recentemente: posso anche cadere nelle spire dell’inferno, ma ormai non ho più niente da perdere. Quando tocchi il fondo, non puoi far altro che ripartire ed è quello che sto facendo io.”

LA BREVE STORIA DEL NOME D’ARTE

“È stato Keemo a convincermi a usare Eileen Marie Coppola come nome d’arte. Eileen sta per Elena, Marie sta per Maria, che è il mio secondo nome. Coppola invece era il cognome di mia nonna. Di lei non si è mai saputo molto, secondo la leggenda venne in Italia per sposarsi. Ho scelto il suo cognome per onorarla e per ricordarmi che una parte della mia famiglia viene dall’America. Ho iniziato a usare questo nome d’arte dopo l’uscita di E.C: era un simbolo della svolta che avevo deciso di intraprendere.”

 

Daniele Olivieri

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