CHIESA DI SAN FRANCESCO SAVERIO (detta del Suffragio)

 CHIESA DI SAN FRANCESCO SAVERIO (detta del Suffragio)

Interno attuale (da Wikipedia)

La prima presenza nella nostra città della Compagnia di Gesù fondata da S. Ignazio da Loyola [in basco Íñigo López de Loyola (Loyola – comune di Azpeitia, ca. 1491 – Roma, 31 Luglio 1556)] risale al 1627, a quando cioè i Gesuiti giunsero a Rimini con i padri A. Ventorino e C. Moruffi che ricevettero delle case nel 1596 e nel 1610 per i lasciti testamentari rispettivamente dei nobili Alessandro Fedeli e, soprattutto, Francesco Rigazzi.

Ciò permise ai Padri di poter progettare la costruzione di un collegio e di un piccolo oratorio. Il Rigazzi, nel 1619 aggiunse una nota testamentaria contenente l’obbligo per i Gesuiti di edificare la chiesa e fondare un collegio. Nel 1629, anno della sua morte, aggiunse una casetta in Via Codalonga (l’attuale via dei Cavalieri) ed un granaio sulla Strada di Marina che nel 1631 diverrà la chiesa, consacrata a S. Francesco Saverio (1).

Nel Novembre 1631, dopo che la vedova del Rigazzi si ritirò in monastero lasciando ai Gesuiti la proprietà di detti beni, fu possibile aprire per la prima volta la scuola che in brevissimo tempo divenne la più importante della Romagna, grazie anche al corso di filosofia che vi si teneva. Tra gli allievi della scuola, oltre ai figli dei nobili e delle famiglie “bene” della città, degno di menzione è sicuramente Giovanni Vincenzo Antonio (Lorenzo) Ganganelli, il futuro papa santarcangiolese Clemente XIV, colui che, ironia della sorte, il 21 Luglio 1773 soppresse l’ordine con la lettera apostolica “Dominus ac Redemptor”, il cui ispiratore fu Giovanni Cristofano Amaduzzi (allora Savignano di Romagna, 18 Agosto 1740 – Roma, 21 Gennaio 1792), allievo di Giovanni Bianchi, medico ed erudito riminese i cui pseudonimi, adottati per questioni di omonimia, sono Jano Planco e Simone Cosmopolita (Rimini, 3 Gennaio 1693 – 3 Dicembre 1775).

Dopo un bombardamento 1943-44

Grazie a successive donazioni di immobili situate nel medesimo isolato tra cui quella del 1655 del notabile riminese monsignor Cesare Galli, il 21 Maggio 1718 iniziarono a costruire la nuova chiesa con l’ingresso sull’attuale Via Tonini, affidando i lavori agli architetti Ludovico Rusconi Sassi – in un primo tempo – e Domenico Trifogli poi, quest’ultimo per intervento del cardinale Ulisse Giuseppe Gozzadini (Bologna, 10 Ottobre 1650 – Imola, 20 Marzo 1728 ). Nel 1721 fu terminata e benedetta la navata e, dopo una breve sospensione, i lavori ripresero e si ultimarono nel 1740, restando però incompiuta la facciata che sarebbe dovuta essere ricoperta da un rivestimento in marmo come da progetto approvato. Sei anni dopo iniziò l’ampliamento del collegio – dal 1981 sede del museo cittadino – sul progetto di Alfonso Torreggiani (Budrio, 1682 – 1764).

Alla soppressione sopra citata dei Gesuiti, la chiesa ed il collegio furono gestiti dal Seminario vescovile e dal 1786 al 1790 divenne la cattedrale provvisoria della città, poichè il terremoto aveva distrutto completamente l’allora cattedrale di Santa Colomba ed arrecato gravi danni al Tempio malatestiano (futura cattedrale dal 1809). Nel 1796 passò ai Domenicani poi nel 1797 ai Servi, quindi alla confraternita del Suffragio, mentre il convento fu adibito ad ospedale militare e poi civile. Infine nel 1806 assunse il titolo e la funzione della distrutta parrocchia di S. Martino ad Carceres.

La bella chiesa, edificata sul modello della chiesa del Gesù in Roma a cui si sono uniformate tutte le chiese dei Gesuiti, è a navata unica con altari laterali ed adornata con eleganti e raffinate decorazioni in stucco.

Le opere d’arte che nel tempo hanno contribuito ad arricchire ed abbellire l’interno della chiesa, sono in parte state commissionate dai Gesuiti ed in parte provenienti dai Domenicani, dalla confraternita del Suffragio e soprattutto dalla chiesa di S. Martino ad carceres.

Ad oggi, tra le altre ci sono giunte:
– “I tre martiri gesuiti del Giappone” di Guido Cagnacci, purtroppo danneggiata dagli eventi bellici dell’ultimo conflitto mondiale e da restauri eseguiti in maniera non eccelsa;
– “S. Francesco Saverio predicante nelle Indie” di Vincenzo Spisanelli – al secolo Vincenzo Spisano (Orta novarese, 1595 – Bologna, 28 Novembre 1662) c he costituiva la pala dell’altare maggiore, ora posizionata nella prima cappella di sinistra, quella dedicata al Santo;
– di Pietro Antonio Rotari (Verona, 30 Settembre 1707 – S: Pietroburgo, 31 Agosto 1762), vi sono un “S.Ignazio che riceve dalla SS. Trinità l’ordine di evangelizzare i quattro continenti” ed un “S. Francesco Borgia in adorazione del SS. Sacramento”;
– una “Fuga in Egitto” dell’Arrigoni, al secolo Giovanni Laurentini ((S. Agata Feltria, 1550 – Rimini, 18 Marzo 1633), visibile nella segreteria;

– una “Madonna con il Bambino, S: Martino e S. Giovanni Battista di Niccolò Frangipane (documentato dal 1563 al 1597);
– di Giuseppe Soleri Brancaleoni (Rimini, 1750 – 22 Dicembre 1806) un “S. Emidio che protegge la città dal terremoto);
– una “Salita al Calvario” di Marco Marchetti detto Marco da Faenza [(Faenza, prima del 23 Giugno 1528 – 13 Agosto 1588) fonte: Enciclopedia Treccani – Dizionario biografico degli Italiani – vol. 69 – 2007, pp. 94 s., n.1 e pag. 102 ];
– una “Vergine Assunta” di Angelo Sarzetti (1656 – 1713).
Opere rilevanti sono pure l’altare maggiore e quello di S. Ignazio di Loyola, opere dell’architetto riminese Giovan Francesco Buonamici (1692 – 4 Ago- sto 1759), gli stucchi di Carlo Sarti ( 1773) ed una sua statua in cartapesta raffigurante S. Nicola da Tolentino. Non più esistenti sono:
– un “Cristo della moneta” presumibilmente del Tiziano forse venuto meno nel 1773 quando la Compagnia di Gesù fu soppressa. Come scrive P. Giorgio Pasini nella sua “Breve guida per la chiesa”, si trattava “….di una replica autografa o di una copia antica di un ben noto capolavoro del grande maestro veneziano, ora conservato a Dresda….”.

– una pala distrutta intitolata alla “Sacra Famiglia con S. Pietro” datata 1725 di Antonio Puglieschi (Firenze, 1660 – 1732);
– dei due dipinti di Andrea Barbiani (1708 – 1779), quello dedicato a S. Luigi Gonzaga è andato distrutto nei bombardamenti del 1943-44, mentre quello raffigurante “S. Giovanni Francesco Regis” si trova a Savignano nella chiesa di Castelvecchio dove si trova in deposito, pure proveniente dalla nostra chiesa del Suffragio, anche la pala de “Il transito di S. Giuseppe”, opera di Angelo Sarzetti.
Dal 1990 ha perso il titolo di Parrocchia, come diverse altre chiese cittadine.

NOTE

(1) S. Francesco Saverio, al secolo Francisco de Jasso Azpilicueta Atondo y Aznares de Javier, discendente di una famiglia nobile della Navarra (Javier, 7 Aprile 1506 – isola di Sancian/Cina meridionale, 3 Dicembre 1552), fu un missionario diffusore del cristianesimo in Africa. È proclamato Santo il 12 Marzo 1622 assieme ad Ignazio di Loyola da papa Gregorio XV.

Quando il re spagnolo Ferdinando II d’Aragona (Ferdinando il Cattolico) dopo la vittoria sulla popolazione autonomista navarrina i beni della famiglia furono confiscati, in pericolo ed in miseria si rifugiò a Parigi, Francesco Saverio andò a studiare Teologia alla Sorbona ove dopo un triennio divenne “maestro”. Qui conobbe Ignazio di Loyola e Pierre Favre assieme ai quali, dopo avere stretto grande amicizia, fondò la Compagnia di Gesù.

 

Ugo Mariani

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